AGI - "Rinascita, unità, coesione, i sentimenti che hanno consentito al Paese di archiviare con la Liberazione una pagina nefasta della sua storia. Una memoria consapevole che guarda al futuro". Sergio Mattarella celebra la festa della Liberazione al Quirinale dopo aver deposto una corona all’Altare della Patria.
Una celebrazione meno solitaria di quella dello scorso anno durante il lockdown, quando il Capo dello Stato salì la scalea del monumento al Milite ignoto da solo nella città deserta e silenziosa; questa volta con lui ci sono i presidenti delle Camere Elisabetta Casellati e Roberto Fico, e il presidente del Consiglio Mario Draghi insieme al ministro della Difesa Lorenzo Guerini.
Ma è pur sempre una cerimonia in tempi di pandemia: tutti indossano le mascherine, le distanze anticovid sono rispettate e nel salone dei Corazzieri al Quirinale siede solo una manciata di autorità, tutto viene trasmesso in streaming.
Proprio le “ferite profonde” inferte al Paese dal virus spingono a una riflessione sul valore del ricordo della Resistenza e della Liberazione, che per Mattarella risiede nel coraggio e nella speranza, nel sacrificio in favore delle generazioni future, nella collaborazione tra diverse culture politiche. E per Mario Draghi risiede nella consapevolezza che la libertà non è mai barattabile con nulla, nel ricordo che non tutti gli italiani furono “brava gente” e che, ora come allora, “non scegliere è immorale”.
Il Capo dello Stato, che è stato a sorpresa a deporre una corona al quartiere romano del Quadraro, teatro dei rastrellamenti del maggiore Kappler, si rivolge soprattutto ai giovani e fa notare loro che "il ricordo, la consapevolezza del dolore, dei sacrifici, dei tempi bui che, nel corso del tempo, abbiamo più volte attraversato, ieri come oggi, ci tengono uniti. Ci fanno riconoscere nel nostro comune destino”.
La visita di Mattarella al Quadraro
Il Presidente della Repubblica si è recato, dopo la deposizione della corona all’Altare della Patria, in piazza dei Tribuni, nel popolare quartiere romano del Quadraro, dove si svolse una delle pagine più tristi e poco ricordate della storia di Liberazione. Mattarella ha deposto una corona di alloro davanti al monumento che ricorda il rastrellamento e la deportazione di molti abitanti del quartiere.
Il 17 aprile 2004, il Municipio X di Roma, nel cui territorio ricade il Quadraro, è stato insignito della Medaglia d'Oro al Valor Civil. Medaglia d'oro al merito civile - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro al merito civile «Centro dei più attivi e organizzati dell'antifascismo, il quartiere Quadraro fu teatro del più feroce rastrellamento da parte delle truppe naziste.
L'operazione, scattata all'alba del 17 aprile 1944 e diretta personalmente dal maggiore Kappler, si concluse con la deportazione in Germania di circa un migliaio di uomini, tra i 18 e i 60 anni, costretti a lavorare nelle fabbriche in condizioni disumane. Molti di essi vennero uccisi nei campi di sterminio, altri, fuggiti per unirsi alle formazioni partigiane, caddero in combattimento.
Il ricordo ci fa capire che “il 25 aprile rappresenta uno spartiacque imprescindibile nella nostra storia nazionale”, permise all’Italia di sedere nuovamente nei consessi internazionali a testa alta, garantì i diritti e le libertà di cui godiamo oggi.
La Resistenza nacque da una spinta, “ideale e morale, prima che ideologica o politica”, dai “valori di pietà e di civiltà della nostra gente” e fu “serbatoio di istanze morali”. La Resistenza fu anche “laboratorio dove si sperimentarono l’incontro e la collaborazione tra le grandi forze popolari, tra le diverse posizioni e culture politiche”.
Declinando il verbo ‘resistere’, Mattarella nota che allora significò "preparare con le idee nuove il tempo della libertà per tutti. Significò coraggio e speranza”. Resistere “fu anzitutto un’assunzione di responsabilità personale, talvolta pagata con la vita. Una disponibilità al sacrificio, una scelta rischiosa fatta come atto di amore per la Patria, per la propria comunità. Un regalo alle generazioni che sarebbero venute dopo”. Questo lascito, per il Presidente, rappresenta dunque “un patrimonio di ideali” che “ci sostiene, oggi, nelle difficoltà del presente”.
Le parole di Draghi
Agli stessi ideali ha richiamato anche Mario Draghi. Il premier, in visita al Museo storico della Liberazione, ha fatto presente che “libertà e diritti non sono conquistati per sempre e non sono barattabili con nulla. Sono più fragili di quanto non si pensi”.
Draghi ha lanciato l’allarme verso la perdita della memoria collettiva, verso i “troppi revisionismi riduttivi e fuorvianti”, verso il rischio di un “fascino perverso di autocrati e persecutori delle libertà civili, soprattutto quando si tratta di alimentare pregiudizi contro le minoranze etniche e religiose”.
“Il linguaggio d'odio, che sfocia spesso nel razzismo e nell'antisemitismo, contiene sempre i germi di potenziali azioni violente. Non va tollerato” chiarisce il presidente del Consiglio. Ricordando l’invito a non cadere nell’indifferenza giunto da Liliana Segre, Draghi ha fatto presente che “non fummo tutti, noi italiani, ‘brava gente’. Dobbiamo ricordare che non scegliere è immorale”.
“Ma è nella ricostruzione del presente, di un presente in cui il ricordo serve a dirci quel che non vogliamo ripetere, che avviene la riconciliazione” esorta il premier il giorno dopo aver varato il piano italiano per chiedere i fondi del Next generation approvato dall'Unione europea per aiutare i paesi membri a superare la crisi pandemica ed economica. “È la ricostruzione basata sulla fratellanza, sulla solidarietà, sull'amore, sulla giustizia - riassume Draghi - che porta alla riconciliazione”.
Le parole di Cartabia a Genova
"In questa ricorrenza, vorrei soffermarmi su due considerazioni, particolarmente evocative per il nostro oggi, cosi' segnato da un anelito di 'liberazione' e di bisogno di 'ricostruzione', sia pure a fronte di un assedio di natura e aspetto non comparabile a quello delle condizioni dell'epoca. L'assedio della pandemia oggi non ha il volto di un esercito nemico, militarmente armato da sconfiggere". Lo ha dichiarato la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, nell'orazione ufficiale in occasione del 25 aprile, nel Teatro Carlo Felice di Genova.
"L'oppressione che da un intero anno grava sulla vita sociale non è dovuta a mano d'uomo ne' a un cieco disegno politico o militare. Ma, oggi come allora, in un contesto diverso e, per molti aspetti imparagonabile, ci troviamo a un crocevia della storia dove, di nuovo, imperioso si affaccia il bisogno di liberazione e di ricostruzione", ha aggiunto.
"Liberazione dalla malattia, dalla morte, dalla paura, dalla angoscia, dalla solitudine, dall'isolamento, dalla incertezza, dalla povertà- ha detto ancora Cartabia - ricostruzione di legami, di prospettive, di posti di lavoro, di prosperità economica".
Per la ministra, "ricordare e festeggiare il 25 aprile e' un'occasione per imparare dalla storia, ben consapevoli che l'insegnamento che si può trarre dalla storia non è tanto legato alle specifiche soluzioni elaborate con piu' o meno successo in altri frangenti, quanto al metodo tenacemente applicato e alla tensione morale risolutiva che muoveva l'azione dei protagonisti".