AGI - Sarebbero una ventina i senatori del Movimento 5 stelle contrari a votare la fiducia all'esecutivo guidato da Mario Draghi. I senatori pentastellati si sono confrontati ieri in una riunione da remoto e oggi torneranno a vedersi in videoconferenza.
Il 'no netto', avrebbe ribadito il capo politico Vito Crimi, porterà all'espulsione dal Movimento. Diverso il caso per chi dovesse astenersi: si deve ancora decidere quali potrebbero essere le ricadute. Nessuna ipotesi di costituire un nuovo gruppo sarebbe comunque all'orizzonte. I pentastellati lamentano i pochi i ministeri di peso ottenuti dal M5s.
La senatrice Barbara Lezzi insiste per un nuovo voto su Rousseau e avverte che se non ci fosse è pronta a dire no all'esecutivo. "Il quesito parlava del superministero.
Gli iscritti hanno votato su altro, quindi la consultazione va ripetuta. Lo Statuto lo consente, entro cinque giorni dalla precedente votazione", dice Lezzi, che in un'intervista al 'Fatto quotidiano ipotizza: "Possiamo sempre optare per l'astensione, e i ministri possono fare un passo di lato. Il governo partirebbe e noi lo valuteremmo su ogni provvedimento, potendo incidere.
In questo esecutivo siamo minoranza, non abbiamo peso", sostiene Lezzi, che non fa previsioni su quanti no alla fiducia potrebbero venire dai banchi M5s del Senato: "Non faccio numeri e nomi, parlo per me. Se non si rivotasse non mi sentirei vincolata, dato che il quesito era erroneo".
Quanto alla scissione, "non esiste. Io sono e mi sento del Movimento. Ma questo governo per noi è un suicidio", afferma Lezzi.
Anche il senatore Emanuele Dessì, da sempre considerato un mediatore del M5s è schierato apertamente sul fronte contrario al governo: "Se le cose dovessero rimanere così, voterò no", anche se riconosce di avere "paura dell'espulsione", ma allo stesso tempo "non posso pensare di perdere la mia dignità politica. Dispiace, ma non riconosco più, in alcuni nostri dirigenti, lo spirito del Movimento", dice Dessi' in un'intervista a 'La Stampa'.
Cosa potrebbe farle cambiare idea? "Che si smetta di voler imporre le proprie posizioni su tutto il gruppo parlamentare. Potrei non votare contro se ci schierassimo per l'astensione. La nostra è una natura politica unica, dobbiamo preservarla, anche sacrificando le giuste ambizioni personali di alcuni", prosegue Dessì secondo il quale il numero di deputati e senatori pronti all'astensione sembra stia aumentando. Se i vertici avessero meno paura di contare il dissenso, si eviterebbero poi delle sorprese e si capirebbe quanto è diffuso il malcontento. Tante persone, come me, si vedono lontanissime da questo governo. Siamo nati contro gli uomini delle banche e contro lo "psiconano", non possiamo ritrovarci con loro allo stesso tavolo", conclude il senatore.