AGI - Mario Draghi sta cercando la maggioranza più ampia possibile per sostenere il suo Governo e capire se esistono le condizioni per far nascere un esecutivo, tecnico, politico o un mix delle due opzioni. Ma analizzando i grandi volumi di conversazioni pubblicate in queste ore sulle principali piattaforme social media, di ampie maggioranze favorevoli, almeno per ora, non se ne trovano.
Toni e contenuti rilevabili restituiscono l’immagine di un paese profondamente diviso: l’analisi semantica delle emozioni ricavabili all’interno dei post e tweet, mostra il 58% di rabbia e disappunto, bilanciato dal 34% di gioia e ammirazione, ma è importante precisare che all’interno delle rispettive aree giocano un ruolo anche l’ironia e il sarcasmo - su Twitter “l’Avvocato del popolo” è stato sostituito dal “banchiere del popolo” - oltre al forte disappunto per una crisi di Governo in corso da almeno 3 settimane, nonostante le emergenze sulle quali il paese è impegnato: pandemia, piano vaccinale e crisi economica.
L’analisi realizzata questa settimana dagli analisti di Kpi6* si pone in continuità con i rilevamenti dell’ultimo mese, evidenziando contrarietà, diffidenza, fatica a comprendere le ragioni profonde e i tecnicismi che hanno prodotto questa situazione: in tre settimane abbiamo commentato il voto di fiducia alle Camere, la ricerca di nuove maggioranze, le successive dimissioni del Premier Conte, le consultazioni e il mandato esplorativo al Presidente della Camera, Roberto Fico.
Il 2 febbraio la decisione del Quirinale di convocare Mario Draghi per un Governo di alto profilo istituzionale. Passaggi necessari ma molto difficili da comprendere dagli utenti, che infatti sui social non esitano a manifestare contrarietà sintetizzata in un “sentiment” all’81% negativo.
Disappunto, sì, ma anche tanto interesse: solo su Twitter si contano 355mila conversazioni (in crescita), quasi 500mila condivisioni, 19mila hashtag utilizzati e un tasso di interazione allo 0,43%, molto alto e sopra la media. Numeri record che superano ampiamente sia la precedente crisi di Governo dell’agosto 2019, che le principali vicende politiche più discusse degli ultimi mesi.
In molti vedono una situazione simile a quella che diede vita al Governo di Mario Monti, sebbene proprio in queste ore il professore, su Facebook, abbia spiegato come le condizioni siano profondamente diverse: nel 2011 vi erano risorse da trovare, mentre oggi ve ne sono molte da allocare e spendere, grazie al Recovery Fund.
Vi è anche chi chiede di andare al voto, nonostante tutto. E c’è anche chi convoca manifestazioni, come Potere al popolo, riproponendo la contrapposizione tra “palazzo e piazza”, all’insegna del “no al Governo Draghi, no alle banche, no a Confindustria”.
Non mancano i supporters di Mario Draghi, leader con le competenze giuste per gestire una transizione così complessa. Il celebre “whatever it takes - tutto il necessario” per salvare l’euro, pronunciata dall’allora Presidente della BCE nel 2012 durante un forum di investitori a Londra nel pieno di una grave crisi economica, sta spopolando sui social media. Un monito e un auspicio per molti, un modo per creare meme scherzosi per altri; certamente l’elemento di comunicazione più caratterizzante e ricorrente associato a Mario Draghi, in queste ore.
È inevitabilmente iniziato anche il totoministri, nonostante ancora non si sappia che inclinazione avrà l’eventuale Governo, tecnico o politico. Tra i nomi più menzionati all’interno delle conversazioni nelle prime quattro posizioni troviamo tre donne: Marta Cartabia nettamente favorita rispetto a Carlo Cottarelli, Luciana Lamorgese e Ilaria Capua; quattro personalità con un alto profilo tecnico e con riconosciute competenze nei rispettivi ambiti professionali.
I politici in queste ore stanno chiarendo le rispettive posizioni, pubblicando sui social le loro posizioni ufficiali, spesso interpretabili, come ad esempio Matteo Salvini che, almeno per ora, non dice “sì o no a prescindere” al Governo nascente. Mentre Alessandro Di Battista, al contrario, esprime con nettezza la sua posizione che però, al momento, non è quella ufficiale del Movimento 5 Stelle.
Di Battista che prevede anche l’elezione di Draghi alla Presidenza della Repubblica:
“Si farà eleggere Presidente della Repubblica. D'altro canto non avrebbe mai accettato senza questa garanzia. A quel punto ci si renderà conto che il "governo dei migliori" come già viene definito, era solo l'inizio della restaurazione. Un film già visto”.
* Analisti: Gaetano Masi, Marco Mazza, Giuseppe Lo Forte
Giornalista, content editor: Massimo Fellini