AGI – E’ una partita a scacchi che ancora non ha un esito finale. Il premier Conte avrebbe aperto ieri alla possibilità di rivedere la squadra di governo ma soprattutto di un confronto ampio sul ‘Recovery’. Nella bozza che arriverà sul tavolo di palazzo Chigi domani mattina non c’è la fondazione sulla cyber security ed è previsto, per esempio, un margine maggiore per gli investimenti. Ma sulla ‘governance’ e sulla definizione dei progetti sarà necessario un vertice che ancora non è stato convocato ma che potrebbe esserci domani.
Si tratta sulla risoluzione della crisi, perché in mancanza di risposte il 7 gennaio Renzi chiederà alle ministre di dimettersi, su questo punto è stato netto. L'ex premier non spinge solo per un accordo sui contenuti del ‘Recovery’ che preveda, tra l’altro, anche l’utilizzo del Mes. Secondo quanto riferisce una fonte parlamentare di Iv non vedrebbe uno sbocco della crisi con un semplice ‘rimpastino’. “Non ne facciamo una questione di poltrone”, il ‘refrain’.
Altra cosa, appunto, se ci fosse un esecutivo con una chiara connotazione politica, dove magari possano entrare i leader, con un'ampia ridefinizione della squadra. Il leader di Iv, in realtà, non sarebbe intenzionato a farne parte, anche se secondo altre fonti di maggioranza di Pd e M5s lo ‘schema’ del rimpasto prevede la casella dell’Interno o della Difesa (nel caso con conseguente spostamento di Guerini al Viminale) proprio per un esponente di Iv e il prescelto potrebbe essere Rosato.
E l’ingresso nell’esecutivo del vice segretario dem Orlando mentre Di Maio rimarrebbe agli Esteri. In ogni caso un conto è un ‘rimpasto’, come lo immaginerebbe il presidente del Consiglio, un altro sarebbe un governo di “rilancio” come lo intenderebbe il leader di Italia viva. "Conte dovrebbe fidarsi di Renzi ma non si fida", spiega un 'big' M5s. Da qui le sue resistenze a dimettersi, come invece Iv gli chiede di fare. Per il premier il percorso di una nuova fiducia, che passerebbe prima con le consultazioni al Quirinale, è una strada piena di insidie.
Il timore quindi è che una volta lasciato palazzo Chigi non si verifichino le condizioni per un ritorno. Non è un mistero che Renzi nella sede del governo preferisca Draghi, che a suo dire sia l’ex numero uno della Bce ad offrire le maggiori garanzie per spendere i miliardi in arrivo dall’Unione europea. Non direbbe di no, però - dicono i suoi -, ad un ‘Conte ter’, se appunto fosse il presidente del Consiglio a pilotare la crisi in prima persona. "Ma se Conte non fa un passo avanti rischia di bruciarsi", spiega un altro esponente di Iv. Il premier esclude un altro esecutivo ma in ogni caso si sta trattando su tutto e il convincimento di Iv è che alla fine il premier cederà sul 'Conte ter' e anche sulla delega dei Servizi.
E non per un tecnico ma per un politico. “Oggi parlare o paventare una crisi di governo sarebbe incomprensibile e irresponsabile”, l’argine dei vertici M5s, con il capo delegazione Bonafede e il capo politico Crimi. Il Pd chiede piuttosto "un rilancio dell'azione dell’esecutivo". E – con il segretario dem Zingaretti – mette nero su bianco la contrarietà per "posizioni politiche che rischiano di destabilizzare la maggioranza di governo". "Convinti che al Paese vada evitata una crisi dagli sviluppi davvero imprevedibili".
Dunque no ad una crisi al buio. “L'obiettivo era ed e' quello di un rafforzamento della maggioranza attorno al presidente Conte”, dice senza mezzi termini il numero uno del Nazareno. "L’attenzione della politica sembra concentrata sui giochi di palazzo, sulle manovre parlamentari per affossare o difendere il governo Conte", taglia corto Berlusconi mentre FdI insiste sulla necessità di arrivare a sfiduciare Conte. "Se non hanno più voglia di governare noi siamo pronti", ribadisce Salvini.