AGI - “Si sono invertiti i ruoli: all’epoca era Berlusconi a volere la federazione e Bossi diceva no, ma devo dire che, dopo diversi errori, dettati da hybris, da arroganza, ora Salvini ha ragione, ha visione sul futuro”. È quanto dichiara in un’intervista al Corriere della Sera l’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, che non sembra impressionato dallo scontro interno al centrodestra, con parlamentari di Forza Italia che passano la Lega e il leader leghista Matteo Salvini che lancia l’idea d’una federazione mentre la tensione alle stelle.
Maroni ricorda di aver visto “di peggio”, quando, “nel 1994, appena depositata la lista elettorale che univa Lega e Forza Italia, Bossi se ne uscì con ‘Berluskaiser’”. E racconta: “Silvio Berlusconi stesso non capiva, mi chiamò sconcertato perché non riusciva nemmeno a parlare con il suo alleato...”.
“No – taglia corto Maroni – quella di Salvini è una proposta visionaria e i tempi sono giusti”. Quanto a federare il centrodestra, secondo Maroni,Salvini guarda in avanti, “perché ormai è chiaro che si voterà nel 2023 e che avverrà in un sistema proporzionale. E allora invece di andare separati rischiando di rubarsi i voti sarebbe molto più utile presentarsi tutti insieme”.
La cosa, secondo l’ex presidente della Regione Lombardia, “conviene a tutti”, anche se è vero che Silvio Berlusconi “potrebbe considerare il fatto che il 2023 è lontano e lui perderebbe centralità, del resto lui è uno di quei manager che fa tutto per bene tranne preparare il cambio generazionale”. Poi c’è il fattore Giorgia Meloni, osserva Maroni, che “in questo momento è in forte ascesa, potrebbe sentire sotto attacco la sua leadership potenziale”.
Ed è evidente che “lei sta già accarezzando l’idea di diventare la prima donna premier d’Italia e lo fa proponendo modelli come Margaret Thatcher e Golda Meir, con tutto ciò che possa essere sotteso attraverso questi riferimenti”.
Quanto alla solidità della leadership di Salvini, Maroni aggiunge: “Non è in discussione, non è attaccabile, anche se è vero che ci sono due livelli di critica: quella dei vecchi militanti che partecipano alla vita delle sezioni per pura passione e che ora vedono quei luoghi svuotati e resi virtuali, e poi la critica politica diffusa per aver abbandonato alcuni temi propri del Nord, a partire dalla battaglia per l’autonomia. Ma si tratta di movimenti sotterranei che non mettono in alcun modo a rischio la sua leadership”.