AGI - Duro il giudizio dell’ex ministro dell’Economia del governo gialloverde Govanni Tria sulla direzione intrapresa dal governo giallorosso. In un articolo sul Sole 24 Ore, Tria spiega che “la situazione è critica, e non solo per ciò che riguarda la ripresa della pandemia, e per uscirne è bene abbandonare le narrative di impronta politica che servono per stare al governo ma non per governare”. Perciò “serve un bagno di realtà”.
Per l’ex titolare del Mef ai tempi dell’intesa Salvini-Di Maio, ad esempio non solo “per il 2020 è incerta la crescita del Pil, ma abbiamo dati ancora non chiari anche su quale sia stata l’effettiva spesa aggiuntiva corrispondente agli oltre 100 miliardi di scostamento di bilancio approvati per finanziare i provvedimenti di emergenza”, anche se “per fortuna, non ci sono per ora problemi di liquidità per il nostro Tesoro”.
Tuttavia, “sono in altri termini incerti sia il denominatore sia il numeratore del rapporto deficit/pil stimato dal governo per l’anno in corso. Incerto, quindi, è anche l’effetto espansivo o di contrasto alla recessione di quanto speso finora”, tanto che “gli andamenti negativi si proiettano nell’anno prossimo e rendono labile il quadro macroeconomico in base al quale il governo proietta gli equilibri di finanza pubblica”.
Ma se “non è questo il punto principale, perché l’incertezza non è oggi eliminabile”, osserva ancora Tria, “quella che viene meno è la narrativa di un soccorso esterno risolutivo consistente nell’arrivo prossimo di un aiuto finanziario rappresentato da abbondanti fondi europei, denominati ‘opportunità unica’ e comunicati come capaci di risolvere ogni problema, anche senza una qualche visione italiana di strategia di crescita”. E il paradosso “è che questa narrativa è servita a coprire proprio l’assenza di una strategia di reazione alla crisi e di crescita successiva”, ciò che l’ex ministra gialloverde all’Economia ha chiamato come “l’approccio da ‘sportello bancario’ al piano Next Generation Eu”.
Ma da questo approccio, osserva l’ex titolare del dicastero di via XX Settembre, derivano alcune conseguenze come, ad esempio, come il fatto che “il governo scopre oggi (chi avrà fatto la spia?) non solo che il Mes è un prestito, ma che lo sono la gran parte degli altri fondi europei di cui si discute” ed è chiaro che “in questa logica si facciano i confronti, non solo in Italia, tra le condizioni di credito alternative, cioè tra quelle di mercato e quelle europee”.
Il problema vero, quindi, “è decidere l’ammontare di debito aggiuntivo sostenibile oltre che analizzarne le fonti di finanziamento preferibili”. Per questo motivo, conclude Tria, “serve guardare con lucidità e senza retorica al mondo reale” e “il risultato è che, essendo crollati i tassi di interesse al quale gli Stati possono emettere debito sul mercato, ci si inizia a interrogare in molti Paesi sul fatto che per l’emergenza sembra che i finanziamenti di mercato ci siano e ottenibili a buone condizioni”. Non prima di chiedersi: “Ma allora dove è la svolta europea?”.
Per Tria, ovviamente, “la prima questione è il ruolo della Bce che oggi, come i singoli stati, certamente appare più “libera”, ma la cui politica futura dipende dall’interpretazione non univoca del suo mandato”, ma “ciò significa che per ora tutto torna nelle mani dei governi nazionali e alla loro capacità di avere una strategia e soprattutto di attuarla”. Da qui l’assunto: “Quello che si percepisce è l’assenza di bussola e soprattutto di timone”.