AGI - "Casino totale": non è la citazione di un romanzo di Jean-Claude Izzo, ma la fotografia del clima interno al M5s proposta da un esponente di primo piano.
La scintilla in grado di far deflagrare il Movimento 5 Stelle potrebbe essere la diserzione del capo politico, Vito Crimi, dall'assemblea congiunta prevista per domani sera. Le voci di un possibile forfait si inseguono sulle chat interne dei gruppi e alimentano la tensione: "Se non viene, è meglio non riunirci affatto. Sarebbe una farsa", è il commento di un parlamentare di primo piano.
Perché a Crimi, viene spiegato, domani, si chiederà di convocare gli Stati generali, con data e timing di avvicinamento, e di nominare una sorta di comitato di garanzia che accompagni il Movimento all'appuntamento. Un clima che nemmeno le parole di Roberto Fico riescono a rasserenare. Il presidente della Camera, per il secondo giorno di seguito, è tornato a parlare del suo Movimento, escludendo che si prepari una "guerra per bande" e sottolineando che quella delle regionali "non è stata una disfatta".
Le due anime del Movimento
Tempo di rifarsi ce n'è, aggiunge Fico guardando alle prossime elezioni politiche che, se tutto andrà bene per il governo e la maggioranza, dovrebbero tenersi fra tre anni. Tempi geologici per una politica che si muove a ritmi vertiginosi e per un Movimento 5 Stelle che sembra non riuscire più a tenere il passo.
Non sarà, forse, una guerra per bande, ma di sicuro il partito di Crimi è attraversato da una frattura profonda che vede, da una parte, quanti vogliono che il governo vada avanti costi quel che costi e, dall'altra, l'ala dei duri e puri alla Alessandro Di Battista. I primi sono appoggiati da Beppe Grillo. I secondi, da Davide Casaleggio. A dividere i due è il diverso approccio sul Partito Democratico.
Casaleggio non vedrebbe di buon occhio un accordo strutturale con i dem, mentre Grillo, stando a quanto viene riferito, "guarda con favore a qualsiasi cosa possa fare andare avanti il governo". Questo, almeno, fino a poche ore fa. Perchè fonti parlamentari riferiscono di un riavvicinamento del 'padrè del Movimento e dell'erede di Gianroberto Casaleggio. "Si è reso conto che rimanendo schiacciato su Di Battista rimane fuori dai giochi", sintetizza un senatore M5s.
"Ma se perde la sponda di Casaleggio", aggiunge, "è Di Battista ad essere tagliato fuori". Scenari, posizionamenti: al momento, l'unica cosa sicura è che la parola "scissione" non è più tabù per i Cinque Stelle: "Difficile immaginare che qualcuno se ne vada prima degli stati generali", è il ragionamento fatto tra i corridoi di Palazzo Montecitorio, "ma dopo gli Stati Generali qualcuno potrebbe decidere di sfilarsi".
Specie se a vincere, alla fine del percorso di riorganizzazione, sarà la linea dei governisti favorevoli a un accordo strutturale con il Partito Democratico. Da Luigi Di Maio a Stefano Patuanelli a Riccardo Fraccaro hanno aperto, nelle ore immediatamente successive alle Regionali, all'ipotesi di un patto con i dem. "Siamo nati per unire e non per dividere", dice il ministro degli Esteri ed ex capo politico rivendicando la scelta delle alleanze alle amministrative: "Il M5s era in coalizione a Faenza e a Caivano, e abbiamo vinto al primo turno, così come siamo riusciti a centrare i ballottaggi, sempre in coalizione, a Matera, Andria, Ariano Irpino, Pomigliano, Giugliano e Manduria".
Una parte non residuale del Movimento, però, mette in guardia da una morsa che, visto il nuovo peso specifico del Pd, potrebbe risultare mortale: "Attenti che quelli ci si mangiano".