AGI - Salvini vede i "due mattoncini" in più, sottolinea la vittoria del centrodestra in Val d'Aosta e nelle Marche, spiega che 15 regioni su 20 sono governate da esponenti dell'alleanza, rimarca come la battaglia in Toscana è stata bellissima, sottolinea come il successo di Zaia è senza precedenti in Ue, "se non in Bulgaria". Ma c'è anche un po' di malessere nei gruppi parlamentari del partito di via Bellerio.
Al di là del fatto che la lista del 'Doge' ha triplicato in Veneto quella del partito di via Bellerio, anche diversi fedelissimi del 'Capitano' sotto traccia rilevano come la partita sulle Regionali sia stata impostata male. Sia per la decisione dell'ex ministro dell'Interno di 'prendersi' i candidati in Emilia e in Toscana, sia per la campagna elettorale portata avanti.
La tesi è che non basta più - secondo le parole di un 'big' lumbard - una comunicazione social, basata sulle invenzioni della 'Bestia', la 'macchina' guidata da Morisi. "Così - si sfoga un dirigente - si perde di vista il territorio". Ma all'ex responsabile del Viminale viene fatta velatamente un'altra sottolineatura.
La mancanza di chiarezza - questa la tesi di un altro esponente di primo piano della Lega - sul referendum, sull'Europa e su altri temi. Sottolineature che evocano ancora il contratto con il Movimento 5 stelle durante il governo giallo-verde. Altri esponenti del partito poi osservano come il 'Capitano' sia attorniato sempre dal 'cerchio magico', che le scelte vengono fatte in maniera troppo autonoma, che occorrerebbe nel partito maggiore collegialità.
Da qui ad avanti si aprirà la 'querelle', soprattutto sui media, sulla leaderhsip. Sulla possibilità che in futuro Zaia abbia un ruolo di primo piano, sull'eventualità che l'ala moderata della Lega che fa riferimento a Giorgetti chieda più voce in capitolo. Ma i salviniani fanno blocco: "Il leader - spiega un senatore - rimane lui, non c'è nessuno che può contrastarlo". L'ex ministro Fontana lo dice apertamente: "Questo voto non avrà alcuna conseguenza sul tema della leadership nazionale".
Zaia in realtà non pensa affatto, secondo quanto spiegano altre fonti parlamentari, ad un'Opa interna. Del resto lo stesso Salvini è chiaro: "Le leadership le decidono i cittadini, e la Lega è primo partito del centrodestra in tutte le Regioni dove si è votato. Le leadership non si decidono a tavola, ma le decidono gli elettori col voto". È il segnale che il 'Capitanò non pensa affatto ad un passo indietro. Anzi rilancia: "Saremo sempre in campo per l'Italia".
Ma il timore di molti leghisti è che il leader finisca sempre più nel mirino dei giudici, considerato che il 3 ottobre si aprirà il processo 'Open arms' a Catania, con tutto il gruppo dirigente che non farà mancare la sua solidarietà arrivando sull'isola. "Noi - osserva un altro deputato - saremo con lui, l'importante è che non si comporti come Bossi e non faccia tutto da solo". Insomma la guida del partito di via Bellerio non è in discussione ma la richiesta sotto traccia è quella di una maggiore condivisione.
Anche la leadership nel centrodestra, il parere sempre dei 'salviniani', non è per ora a rischio, "considerato - il parere di un'altra fonte - che Fratelli d'Italia non ha sfondato". Da Fdi però si rimarca come i consensi al partito siano cresciuti e che la vittoria nelle Marche è un segnale importante. Tra i partiti del centrodestra, però, non mancano le accuse reciproche.
C'è chi punta il dito su un possibile disimpegno della Lega in Puglia dove era candidato Fitto, mentre gli azzurri sottolineano come in Campania Caldoro di fatto sia stato lasciato solo. Dalla Lega arrivano le parole dell'ex ministro Fontana che invita il centrodestra a riflettere sulle scelte al Sud. Scelte che dovevano essere più innovative, il 'refrain'. Mal di pancia anche in Forza Italia perché Caldoro è stato considerato un candidato debole fin da subito da un'ala del partito.
Ma anche negli altri partiti si è aperto il dibattito sul post-Regionali. Zingaretti è il più soddisfatto dalla contesa, Renzi esulta spiegando che l'apporto di Iv è stato decisivo in Toscana ma ora entrambe le forze politiche rilanceranno sul programma, chiedendo per esempio che il governo utilizzi il Mes. Una prospettiva che i pentastellati non prendono per ora in considerazione.
Il Movimento 5 stelle, al di là della vittoria sul referendum, è alle prese con la riorganizzazione interna. Di Maio oggi ha riunito i 'big' alla Camera, rilanciando sulla necessità di rafforzare l'asse con i dem, anche in prospettiva delle prossime amministrative. Ma senza arretrare sulle prossime battaglie, dal taglio degli stipendi dei parlamentari al conflitto d'interesse.
Il responsabile della Farnesina non ha risparmiato chi ha condotto la partita sulle candidature alle Regionali e ribadito, con i suoi, che occorrerà ora una leadership forte. Tuttavia dietro le quinte si prefigura uno scontro sul futuro. Da una parte l'ala che fa riferimento a Di Battista (oggi l'europarlamentare Corrao ha chiesto un congresso altrimenti - ha sottolineato - faremo la fine dell'Udeur), dall'altra 'l'ala governista' che punta su un organismo collegiale e un 'primus inter pares' che potrebbe essere proprio Di Maio. In attesa della data degli Stati generali (dovrebbe essere fissata a breve), oggi però si riscontra lo stop all'Appendino che era candidato a sedere nel 'board' ma che si è autosospesa dopo la condanna.