AGI - Microfoni spenti, oggi, per il silenzio elettorale che precede l'election day di domani e lunedì. O, almeno, questo prevede la legge. Non è raro, infatti, che un esponente politico o l'atro violi la norma, per distrazione o per sfruttare le ore immediatamente precedenti il voto, quelle in cui l'elettore dovrebbe maturare la sua decisione.
La norma del 1951
La norma sul silenzio elettorale risale al 1951 e ha subito, nel corso degli anni, diverse rivisitazioni. La regola di fondo, tuttavia, rimane sempre la stessa ed è stabilita dall’articolo 9 della legge 202/1956: nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda. Inoltre nei giorni destinati alla votazione altresì è vietata ogni forma di propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali.
Le emittenti televisive
A questa norma è seguita, nel 1975, la modifica all'articolo 9: nel giorno precedente e in quelli stabiliti per le elezioni è fatto divieto anche alle emittenti radiotelevisive private di diffondere propaganda elettorale. Insomma, fatto il pieno di informazioni e slogan degli esponenti politici, il legislatore sembra prevedere per l'elettore un momento di 'decantazione', per poter riflettere e maturare meglio la sua scelta.
Sanzioni e fair play
Ma cosa rischia chi viola il silenzio elettorale? "Chiunque contravviene alle norme di cui al presente articolo", recita la legge, "è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 103 a euro 1032". Non molto, si direbbe, specie se confrontato alla mole di risorse che i partiti investono nelle campagne elettorali. A giocare un ruolo deterrente è, semmai, il fair play richiesto a candidati e comitati, e il rischio che violando la norma si possa pagare un prezzo in termini di consenso.