Dopo una pausa estiva durata più di un mese, torna la nostra Supermedia dei sondaggi sulle intenzioni di voto nazionali. Non si tratta però (non ancora) di un ritorno “regolare”: da questo weekend infatti scatterà subito il black-out sulla diffusione dei sondaggi previsto dalla legge, dal momento che mancheranno due settimane all’importante appuntamento elettorale del 20 e 21 settembre in cui gli italiani saranno chiamati a votare per le elezioni regionali (in 6 regioni, più la Val d’Aosta), per le elezioni comunali (in oltre 1.000 comuni) e per il referendum costituzionale. Alle 6 sfide regionali, con le loro rispettive specificità, è dedicato un approfondimento a parte, mentre qui ci concentriamo sugli orientamenti politici nazionali (partiti e referendum). Dopo l’appuntamento di oggi, la pubblicazione della Supermedia riprenderà regolarmente, su base settimanale, a partire da giovedì 24 agosto.
Partiamo con le intenzioni di voto alle liste: da questo punto di vista sembra che la pausa estiva non abbia portato a evoluzioni clamorose, a differenza di quanto avvenne all’indomani dell’incredibile agosto 2019, così ricco di eventi e colpi di scena. Si conferma infatti la prima posizione della Lega, che anzi recupera qualcosa risalendo di poco sopra il 25% dei consensi; resta pressoché immobile il Partito Democratico (20,2%) mentre il Movimento 5 Stelle perde quasi un punto, scendendo al 15,8%. I pentastellati però rimangono in terza posizione, dal momento che anche Fratelli d’Italia conosce uno dei suoi – rari – momenti di flessione e cala al 15,0%.
In attesa di capire se la vicenda che ha visto Silvio Berlusconi risultare positivo al coronavirus possa avere qualche effetto sugli elettori di Forza Italia – da sempre molto sensibili alla figura del leader fondatore – il suo partito rimane stabile al 7,1%. Piuttosto movimentata è invece l’area dei partiti minori, con la Sinistra accreditata di un buon 3,6% (+0,5% in un mese) seguita da Azione di Carlo Calenda al 3,1% e subito dietro Italia Viva di Matteo Renzi (3,0%).
Tutti questi soggetti risultano in crescita, in misura opposta rispetto al trend di “stagnazione” – o di flessione – di PD e M5S, ed è da capire se si tratti di una coincidenza o di un indizio di tendenze più sostanziali.
Gli equilibri generali, nonostante tutte queste micro-variazioni, restano sostanzialmente immutati. Le forze politiche che in Parlamento formano la maggioranza di governo, infatti, rimangono nel complesso distanziate di oltre 5 punti dall’insieme delle forze di centrodestra all’opposizione. Un bipolarismo istituzionale che, per quanto “forzato” da un’alleanza problematica come quella tra PD e M5S, raccoglie circa il 90% delle preferenze politiche degli italiani.
Per quanto riguarda invece le aree politiche “pure”, ossia le coalizioni per come si sono presentate agli elettori in occasioni delle ultime elezioni politiche nazionali, permane quello che appare sempre più difficile definire tripolarismo: l’area di centrodestra prevale nettamente sulle altre, con 20 punti esatti di vantaggio sul centrosinistra, sia pure “ristretto”; la terza area, costituita dal Movimento 5 Stelle, appare ormai solo lontana parente di quella che il 4 marzo 2018 fa ottenne quasi un voto su tre: percentuale rispetto a cui oggi il M5S è più che dimezzato.
Veniamo al referendum costituzionale: si voterà per confermare (o respingere) la riforma che taglia i parlamentari, ossia con cui sono stati ridotti da 630 a 400 i membri della Camera dei Deputati e da 315 a 200 i membri del Senato. Pur essendo noto da molti mesi che si sarebbe tenuto – il referendum era originariamente previsto per marzo, ed è stato rinviato causa Covid – questo appuntamento è rimasto a lungo in sordina, senza entrare più di tanto nell’agenda politica e senza particolari mobilitazioni né dei favorevoli né dei contrari.
Almeno, questo è stato vero fino a pochissime settimane fa, quando hanno cominciato a moltiplicarsi le prese di posizione da parte di politici e opinion leader. A far rumore, in particolare, sono state le dichiarazioni in favore del No di quegli esponenti dei partiti che in Parlamento hanno votato la riforma (approvata in ultima lettura alla Camera con ben 553 voti favorevoli e solo 14 contrari), nel Partito Democratico ma anche dentro Forza Italia e perfino nel Movimento 5 Stelle, spesso in aperto dissenso rispetto alle indicazioni delle rispettive leadership.
Se queste prese di posizione hanno avuto un qualche effetto sull’opinione degli elettori è difficile da dire. Quel che è certo è che fin dall’inizio i sondaggi hanno disegnato una partita chiusa, con percentuali bulgare (anche oltre l’80%) di italiani favorevoli al taglio dei parlamentari. In alcune recenti rilevazioni, a dire il vero (è il caso degli istituti Euromedia e Noto) i No sembrano aver recuperato qualcosa, arrivando a totalizzare le preferenze di quasi un elettore su tre, ma è ancora troppo poco per poter pensare che la partita sia aperta, o si possa aprire nelle due settimane che ci separano dal voto.
Va ricordato che, trattandosi di referendum costituzionale, non è necessario il raggiungimento del quorum, e quindi la consultazione sarà valida a prescindere dal numero di votanti. Dal momento che il 20 e 21 settembre ci sarà un election day unico per regionali, comunali e referendum, è lecito aspettarsi che anche sul taglio dei parlamentari voterà una percentuale non irrilevante (sia pure magari non maggioritaria) degli aventi diritto.
NOTA: La Supermedia YouTrend/Agi è una media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto, realizzati dal 19 agosto al 2 settembre dagli istituti Demos, Euromedia, SWG e Tecnè. La ponderazione è stata effettuata il giorno 3 settembre sulla base della consistenza campionaria, della data di realizzazione e del metodo di raccolta dei dati. La nota metodologica dettagliata di ciascun sondaggio considerato è disponibile sul sito ufficiale www.sondaggipoliticoelettorali.it.