AGI - Ieri la decisione della Prima Commissione di Montecitorio di adottare il testo base e fissare il termine per la presentazione degli emendamenti alla proposta di riforma Fornaro. Oggi la calendarizzazione in Aula della legge elettorale e della revisione dei collegi. Al di là del freddo calendario dettato dalla capigruppo della Camera, lo stato maggiore del Partito democratico può tirare un respiro di sollievo.
Riparte il 'treno delle riforme'
"Il treno delle riforme riparte", esulta il vice capogruppo del Pd alla Camera, Michele Bordo, seguito a ruota da Graziano Delrio che saluta con favore quella che chiama una "accelerazione". Tanto entusiasmo si spiega con il fatto che la legge elettorale e i correttivi istituzionali contenuti nella proposta Fornaro erano parte del patto siglato dal Pd con gli alleati di governo e in base al quale i dem avevano dato il via libera parlamentare al taglio dei parlamentari, decisione questa che aveva procurato non pochi malumori fra coloro che, come Matteo Orfini, ritengono sbagliato dare il via libera alla riforma prima di avere i correttivi e una legge elettorale proporzionale che garantisca la rappresentanza. Ora, la legge elettorale ancora non c'è, ma c'è un lavoro avviato in Parlamento per arrivarci e questo è quanto chiedeva Zingaretti e il suo vice Andrea Orlando per continuare a sostenere le ragioni del Sì al referendum.
Lunedì la direzione nazionale
Un passaggio ancor più importante per il segretario dem atteso lunedì alla direzione nazionale. In quella sede, Zingaretti chiederà al partito di sposare la sua linea.
Una direzione dalla quale, al momento, non si attendono sorprese. Qualche apprensione in più generano, invece, le elezioni regionali. Il Pd è l'unico partito ad aver presentato proprie liste ovunque si voti e sul quella sfida si gioca molto del suo futuro e di quello del governo. Lo stato maggiore ostenta sicurezza: la campagna elettorale non è ancora cominciata, segnala un esponente di primo piano spiegando che "ci si giocherà tutto nelle ultime due settimane".
Scuola priorità assoluta
Eppure la mobilitazione dentro il partito è totale e vede in prima linea il segretario Nicola Zingaretti consapevole di quanto sia alta la posta in gioco alle prossime regionali e quanto questa sia una variabile dipendente del referendum e, ancor prima, della capacità del governo di riaprire le scuole. Anche per questo, per il segretario, "la priorità assoluta, tutti i giorni, 24 ore su 24, è riaprire in sicurezza le scuole e le università. Difendere il diritto allo studio delle giovani generazioni significa garantire di continuare a essere persone libere in un mondo che verrà", spiega. Una falsa o caotica partenza delle scuole il 14 settembre, infatti, produrrebbe con ogni probabilità una reazione negativa dell'opinione pubblica che si potrebbe tradurre, nelle urne, in un voto contro l'esecutivo e la maggioranza, tanto al referendum quanto nelle regioni e nei comuni al voto.
I fronti opposti
E' anche per questa ragione che si susseguono gli appelli e le iniziative del partito a sostegno delle ragioni del Sì. L'ultima in ordine di tempo si è tenuta alla Camera per iniziativa del deputato Andrea De Maria e ha visto la partecipazione di Stefano Ceccanti, Maurizio Martina, Dario Parrini, Andrea Romano ed altri. L'obiettivo è quello di respingere le obiezioni di chi paventa uno "sfregio alla Costituzione" con la vittoria del Sì. Una definizione utilizzata largamente da parti del Pd, come l'ex presidente Matteo Orfini, il senatore Tommaso Nannicini, il collega Francesco Verducci. I sostenitori del Sì, provano a rispondere con gli argomenti, "senza criminalizzare" i sostenitori del No. E' il caso di Ceccanti che, a chi parla di un Pd che contraddice sè stesso, risponde: è vero che il Pd ha votato contro la riforma in Parlamento per ben tre volte, ma la quarta - quella decisiva - si è espresso per il Sì e questo perchè erano cambiate le condizioni, c'era stato un patto nella maggioranza che comprendeva il taglio degli eletti la riforma del voto, i correttivi ai regolamenti, fra cui la valorizzazione del Parlamento in seduta comune.
Argomenti a cui si va ad aggiungere la decisione della conferenza dei capigruppo del Senato di calendarizzare la legge elettorale e la riforma Fornaro. Una novità che il Pd considera la "ripartenza della macchina delle riforme". Un ingranaggio che rischierebbe in incepparsi con la vittoria del No, spiegano Ceccanti, Parrini e Mirabelli. Ossigeno per Nicola Zingaretti che in queste ore sta preparando la relazione da portare lunedì alla direzione nazionale e con la quale chiederà al suo partito di sposare la linea per il Sì al referendum.
Un passaggio che, per i sostenitori del No è scontato, tanto da spingere Tommaso Nanninci a chiedere provocatoriamente: "Risparmiamoci la direzione se la linea è già stata decisa". Il calendario approvato dalla capigruppo, tuttavia, rimette la palla nel campo del Sì: "Ora ci sono le condizioni per procedere a quell'impianto che è stato la base del voto del Pd" in Parlamento sul taglio dei parlamentari, spiega il deputato Enrico Borghi. Una scelta, aggiunge, che "consente alla direzione nazionale di poter dare una indicazione di voto con argomenti fattuali smontando l'idea che il Pd abbia firmato una cambiale in bianco".