AGI - Il 20 e 21 settembre 2020 gli elettori saranno chiamati a decidere se lasciare intatta la composizione attuale del Parlamento, fissata nel 1963 a 945 parlamentari elettivi, o se confermare la decisione di Camera e Senato di ridurre proporzionalmente di circa un terzo il numero degli eletti, prevedendo un totale di 600 parlamentari elettivi. Un bivio che sta dividendo le forze parlamentari, nonostante il Parlamento abbia già dato il suo via libera alla riforma. E questo perché alcune precondizioni poste per il varo della riforma, come la messa a punto di una nuova legge elettorale che garantisca la rappresentatività politica e territoriale, sembrano ora in fase di stallo. Eppure, l'esigenza di snellire le Camere è stata avvertita da decenni da tutte le forze politiche.
La Commissione Bozzi
Sin dai tempi della prima Commissione bicamerale per le riforme istituzionali (cosiddetta Commissione Bozzi: 1983-1985) furono avanzate le prime ipotesi di riduzione (da 945 a 720: 480 Camera, 240 Senato).
De Mita-Iotti e Commissione D'Alema
In occasione della seconda Commissione Bicamerale, la commissione De Mita-Iotti del 1992-1994, si ipotizzò un ridimensionamento simile all’attuale (400 Camera, 200 Senato). Esso fu ripreso più o meno negli stessi termini dalla terza Commissione bicamerale, quella presieduta da Massimo D’Alema che prevedeva un ridimensionamento alla Camera da 400-500 deputati e al Senato da 200 senatori.
Il tentativo del centrodestra
Nel 2005, il Parlamento dominato dal centrodestra approvò una riduzione minore, con un totale di 760 componenti (518 +252). nel 2007, la I commissione Affari Costituzionali della Camera ipotizzò a sua volta una Camera da 512 componenti e un Senato da 186, peraltro di elezione indiretta (cosiddetta bozza Violante).
La proposta del Pd nel 2008
Nel 2008 un gruppo di parlamentari del Pd fra cui Anna Finocchiaro e Luigi Zanda, presentarono il disegno di legge costituzionale 1178 che prevedeva, all'articolo 1, la modifica all’articolo 56 della Costituzione portando il numero dei deputati a 400, otto dei quali eletti nella circoscrizione estero, e il numero dei senatori a 200, quattro dei quali eletti nella circoscrizione estero. Inolytre si prevedeva che "nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a cinque; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno". Il disegno di legge, tuttavia, non fu mai messo ai voti.
La riduzione senza seguito
Il Senato nel 2012 varò una riduzione a 758 (Camera 508, Senato 250) senza seguito; infine, nella penultima legislatura, quella della riforma fallita, prima gli esperti nominati dal presidente della Repubblica ipotizzarono una Camera da 480 componenti e un Senato indiretto da 120, poi la Commissione Letta-Quagliariello (con esperti di ogni ispirazione) suggerì una Camera da 450-480 e un Senato da 150/200.
La riforma Renzi-Boschi
Infine la riforma Renzi-Boschi previde una soluzione con 630 deputati e solo 100 senatori, di cui 95 eletti fra i consiglieri regionali dai Consigli regionali.