AGI - Il 'combinato disposto' fra riforme e legge elettorale, che fu letale per il governo Renzi, torna a turbare i sonni dei dirigenti dem, a cominciare da quelli più vicini al segretario, Nicola Zingaretti. In questo caso si tratta del 'combinato disposto' fra taglio dei parlamentari e Rosatellum che metterebbe in pericolo la rappresentanza politica e territoriale oltre che la tenuta istituzionale. Timori, quelli manifestati da Nicola Zingaretti, Emanuele Fiano e, da ultimo, Dario Parrini, che riaccendono il dibattito interno al partito, tanto da dare vita a una combinazione di dichiarazioni taglienti tra Giorgio Gori - critico con la linea del segretario - Andrea Orlando e Tommaso Nannicini.
Basta interviste, serve confronto
Quest'ultimo, interpellato dall'AGI chiede sia fatta chiarezza sulla linea del partito. Una richiesta arrivata, settimane fa dallo stesso Gori che aveva evocato il congresso: "Non serve per forza un congresso", spiega Nannicini all'AGI, "ma una discussione vera sì, con posizioni chiare, trasparenti e contrapposte. Non si può andare avanti a colpi di interviste sui giornali di importanti dirigenti del Pd che cambiano, non solo la linea, ma l’identità stessa del partito. Si può fare tutto, ma discutiamone".
L'alleanza con il M5s
Per Nannicini, "gli attuali gruppi dirigenti del Pd sono stati eletti in un congresso in cui tutte le mozioni scrivevano: 'mai al governo con i 5 Stelle'. Capisco che il quadro sia cambiato, ma vogliamo chiedere ai nostri militanti e ai nostri elettori che cosa ne pensino di trasformare un accordo di governo d’emergenza in un’alleanza politica strategica? E chiediamogli anche su quale idea di Italia e di Europa il Pd debba ricostruire un’identità forte e autonoma".
Congresso preistorico
Ma su quanti e quali numeri si poggia questa necessità? "Adesso i numeri rispondono a un congresso che appartiene alla preistoria. Eravamo all’opposizione di Conte, Di Maio e Salvini. Renzi era ancora nel Pd. Oppure, e questo è ancora peggio, i numeri rispondono solo a filiere personali. Per questo serve una nuova dialettica interna fondata sui contenuti. L’unità si costruisce così, rispettando le idee di tutti, non con le ammucchiate che hanno l’unico scopo di non mettere in discussione gli equilibri dei gruppi dirigenti".
La leadership di Zingaretti
Neanche Nannicini, in questa fase, intende mettere in discussione la leadership di Nicola Zingaretti. Il senatore dem sottolinea, infatti, che "di leadership si discute quando ci sono i congressi. Adesso dobbiamo discutere di idee, senza drammi e senza anatemi". E a chi avanza il sospetto che il malcontento nasca dalle scelte fatte sulle presidenze delle Commissioni permanenti, Nannicini risponde: "Alla fine l’accordo è accettabile nelle condizioni date. Peccato però che la maggioranza abbia perso due presidenze al Senato per colpa di fibrillazioni interne".
Il nodo referendum
Il nodo da sbrogliare rimane però quello della riforma elettorale e del referendum. Su questo Nannicini propone di votare "No al referendum e di riparlarne dopo. Adesso ci sono altre priorità sul fronte economico e sociale. E va fermata una riforma mal disegnata per strizzare l’occhio alla demagogia antipolitica, visto che i correttivi richiesti dal Pd al momento della formazione del governo non sono mai arrivati".