AGI - "La cooperazione giudiziaria con l'Egitto, grazie al lavoro straordinario delle nostre polizie e della Procura di Roma, ha consentito di formulare un'ipotesi accusatoria a carico di uomini degli apparati di sicurezza egiziani che impone al Cairo una risposta": Marco Minniti, ex ministro dell'Interno degli ultimi governi di centrosinistra, in un'intervista a Repubblica ha chiesto che Il Cairo permetta di processare i sospettati per l'omicidio di Giulio Regeni. Minniti ha spiegato di attendersi "una risposta che metta la nostra magistratura nella condizione tecnico-giuridica di esercitare la propria giurisdizione nei confronti degli indagati", ad esempio "disponendone il processo, affinchè venga data risposta a una imprescindibile domanda di verità e giustizia".
"E questo non può essere lasciato cadere", ha aggiunto, "perchè lo dobbiamo non solo a una famiglia, ma all'Italia" perchè "l'Italia non aspetta nulla di diverso da questo". E sia "dall'Egitto e dal proprio governo". Minniti ha deciso di uscire dal riserbo sul "caso Regeni" e di rilasciare l'intervista perchè in questi giorni di discussione sulla commessa di quasi 10 miliardi di sistemi d'arma all'Egitto, "di drammatico sconvolgimento del quadro geopolitico del Mediterraneo con una Libia consegnata alle sfere di influenza della Russia di Putin e della Turchia di Erdogan", gli è capitato spesso di ripensare a un vecchio slogan del '68: "Siate realisti. Chiedete l'impossibile". Che per lui significa richiedere "una partnership esigente con l'Egitto", ovvero lo spirito pubblico dall'inizio di questa vicenda "ha imposto una rotta non negoziabile: subordinare ogni nostro passo politico-diplomatico a un passo del Cairo nella direzione della cooperazione giudiziaria".