“Nel Recovery Fund ci sono due modalità, i prestiti e i grants, cioè i finanziamenti a fondo perduto. Ma qui si apre una grande questione, che deve preoccuparci tutti: abbiamo bisogno di Paesi che siano pronti a spendere i soldi che arrivano. Sarebbe inconcepibile che stanziamenti di questa portata non trovassero una loro collocazione”. È la preoccupazione principale espressa nell’intervista al Corriere della Sera in edicola dal presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, che insiste: “Quindi in attesa che il Recovery Fund si materializzi, sarebbe bene che i Paesi si attrezzassero per essere capaci di spendere. È un problema che devono porsi tutti gli Stati, tanto più quelli più esposti alla crisi. Oggi ci sono Paesi che non sono in grado di farlo e rimandano i soldi indietro”.
Il pensiero di Sassoli è che per esempio l’Italia “debba prepararsi pianificando la spesa”. E deve farlo “anche con aggiustamenti, rivedendo, correggendo o razionalizzando le procedure, il codice degli appalti, i meccanismi burocratici che spesso impediscono o rallentano l’accesso alle risorse europee” suggerisce il presidente dell’Aula di Burxelles, che più avanti nel colloquio con il quotidiano milanese precisa: “Non è solo un problema dell’Amministrazione pubblica, centrale o regionale, ma anche di quelle private. Il sistema bancario per esempio deve semplificare la propria burocrazia. Non vorrei si costruisse la leggenda di un’Europa matrigna e ingrata, per fare da schermo a insufficienze di gestione che sono nostre. L’importante adesso è lavorare a progetti. Per esempio, rifondare il sistema sanitario, usando la linea del Mes”.
E a proposito di quest’ultimo, Sassoli dice anche che il Mes “è una cassa prestiti” e non è più come il vecchio salvastati, perché “nel nuovo regolamento sarà chiaro che non ci sono condizionalità diverse dalla destinazione per spese sanitarie dirette e indirette legate alla lotta al coronavirus”. Tanto più che “avrà un tasso molto favorevole, in media dello 0,30%” che “può essere conveniente”, per esempio “per creare ambulatori nelle zone industriali dove non ci sono, centri Covid nelle Università, aiutare le regioni commissariate e che non possono fare investimenti o assunzioni”. Ma questo, chiosa Sassoli, “lo deciderà il governo italiano”.