“Non si tratta di sospendere la privacy, ma di adottare strumenti efficaci di contenimento del contagio, pur sempre nel rispetto dei diritti dei cittadini”. In un’intervista a la Repubblica il Garante della privacy, Antonello Soro, dice che tra le strategie messe in campo dal governo per contenere il contagio da coronavirus c’è il cosiddetto contact tracing digitale, cioè l’uso dei dispositivi mobili dei cittadini per la mappatura e il tracciamento dei soggetti entrati in contatto con persone infette: il cosiddetto modello coreano.
Tuttavia, aggiunge il Garante, se “la disciplina di protezione dei dati coniuga esigenze di sanità pubblica e libertà individuale, con garanzie di correttezza e proporzionalità del trattamento”, una misura specifica quale il contact tracing, che incide su un numero elevatissimo di persone, “ha bisogno di una previsione normativa conforme a questi principi”.
Ovvero? Secondo Soro “un decreto-legge potrebbe coniugare tempestività della misura e partecipazione parlamentare”, anche se poi precisa mettendo le mani avanti “va da sé che la durata deve essere strettamente collegata al perdurare dell’emergenza”.
Il punto però riguarda le modalità su come evitare gli abusi nel trattamento dei dati e di come ci si difende da intrusioni malevole e a tale proposito Soro spiega che la nostra disciplina “offre gli strumenti per minimizzare il pericolo di abusi, secondo i principi di precauzione e prevenzione”, che impongono misure di sicurezza e garanzie di protezione dati già nella fase di progettazione e impostazione della struttura tecnologica, e pertanto “rispettando questi criteri. si può valorizzare al massimo grado l’innovazione”.
E in ogni caso, conclude il Garante Soro, “il rischio che dobbiamo esorcizzare è quello dello scivolamento inconsapevole dal modello coreano a quello cinese, scambiando per efficienza la rinuncia a ogni libertà e la delega cieca all’algoritmo per la soluzione salvifica”.