Il secondo caso di contagio da Covid-19 tra i deputati fa aumentare la preoccupazione a Montecitorio. In tanti, infatti, appresa la notizia del test positivo, si interrogano sull'opportunità di ridurre ulteriormente le presenze in Aula e nel palazzo. Una esigenza, tuttavia, che si scontra con l'esercizio dell'attività parlamentare e la tutela delle prerogative e dei diritti di ogni singolo deputato a partecipare in maniera attiva ai lavori.
E a Montecitorio si valuta il da farsi, se assumere decisioni ancor più restrittive dopo quelle sul dimezzamento delle presenze e sulle convocazioni un solo giorno a settimana e solo per esaminare misure e provvedimenti strettamente connessi all'emergenza coronavirus. Ma per il momento, si apprende in ambienti di Montecitorio, si tratta solo di una riflessione, nessuna istruttoria ad ora è stata avviata.
Tra le proposte in campo c'è quella del voto a distanza. E cresce il pressing dei deputati affinchè si riducano al minimo le presenze nel palazzo per paura del contagio. La riflessione, che sta coinvolgendo l'intera Camera, porta con sè diversi interrogativi.
Di certo, viene fatto osservare, l'attività parlamentare non si riduce al momento del voto, ma si tratta di trovare possibili modalità e soluzioni che garantiscano l'espletamento dell'intera attività parlamentare. Detto questo, non vi è alcuna contrarietà ideologica verso il voto a distanza, è il ragionamento che si fa in ambienti di Montecitorio. È anche vero, però, che non ci sono precedenti e la materia è delicata e va studiata attentamente.
In alcuni ordinamenti stranieri è previsto il voto per delega, ad esempio. Sicuramente la Giunta per il regolamento valuterà la questione, e non è escluso che venga avviata una istruttoria formale. Intanto, c'è la massima disponibilità a svolgere le riunioni della Conferenza dei capigruppo a distanza: una modalità che, se sarà necessaria, si potrebbe già attivare.
Quanto infine all'ipotesi, al momento non avanzata ufficialmente da nessun deputato, di ridurre ulteriormente il numero dei deputati presenti (nella seduta di ieri erano 350 su 630, ma era necessario garantire la maggioranza assoluta per dare il via libera all'aumento del deficit) e di procedere al voto per alzata di mano, si porrebbe il tema del numero legale e della possibile richiesta di invalidazione del voto stesso. Anche in questo caso, dunque, è necessaria una attenta valutazione.
Un asse inedito
Ma c'è un inedito asse che unisce Pd e Lega a sostegno del ricorso al voto a distanza per i deputati, così da evitare nuove sedute dell'Aula di Montecitorio che, seppur ridotte nel numero di presenze, potrebbero mettere a rischio la salute dei parlamentari. Il pressing di dem e leghisti, però, non raccoglie il favore di tutti i gruppi, che al contrario preferiscono procedere con cautela sulla possibilità di creare un precedente, anche se motivato dalla situazione eccezionale di emergenza da coronavirus.
A proporre per primo il voto a distanza, proprio alla luce delle restrizioni di movimento a cui è sottoposto l'intero Paese, è stato il Pd con Emanuele Fiano, che ha avanzato l'idea in occasione dell'ultima riunione della Giunta per il Regolamento della Camera, lo scorso 4 marzo, riunitasi proprio per affrontare la questione dell'impossibilità per alcuni deputati, primo fra tutti il leghista Guido Guidesi, a venire in Parlamento a seguito della quarantena cui è stata soggetta la cittadina di Codogno. In quell'occasione, però, nessun altro gruppo ha accolto la proposta ed è prevalsa la contrarietà.
Successivamente, è stata la Lega a riportare il tema all'attenzione del presidente Roberto Fico, con una lettera in cui il capogruppo Riccardo Molinari invitava i vertici di Montecitorio ad affrontare la questione, annunciando anche la presentazione da parte della Lega di una proposta di modifica del regolamento per consentire il voto a distanza attraverso la piattaforma 'GeoCamera' già perfettamente attiva. Ora, dopo la notizia del secondo deputato positivo al Covid-19, il tema è tornato all'attenzione del Parlamento. A spingere è soprattutto il Pd, il cui capogruppo Graziano Delrio avrebbe posto la questione al presidente Fico.
In una situazione di emergenza "anche il diritto parlamentare e costituzionale devono avere la capacità di adattarsi alle emergenze planetarie", sostiene Emanuele Fiano. "In un momento di emergenza la Costituzione e il diritto parlamentare devono adattarsi. Certo che sarebbe una restrizione dell'attività propria del singolo parlamentare - osserva - ma nell'emergenza devi contemperare due esigenze, e vedere quale risulta essere preminente. In questo caso credo siano preminenti la saluta e la sicurezza".
Per il collega dem Stefano Ceccanti "la preoccupazione, mia ma non solo mia, è quella di adottare strumenti (non solo il voto ma anche interventi a distanza) che consentano effettivamente di lavorare, non di eludere il lavoro. C'è bisogno che il Parlamento lavori, ma non possiamo identificare il Parlamento con un ambiente che per le sue dimensioni (numeri, provenienze geografiche) è costitutivamente a rischio. Per di più, oltre a un problema di quorum, c'è il serissimo rischio di votazioni numeriche falsate: che succede se a un certo punto è piazzato in quarantena un intero gruppo o una parte consistente di un gruppo?". Il costituzionalista dem invita quindi a "ragionare laicamente su ogni singola possibile innovazione, ma l'unica cosa che non si può fare è difendere lo status quo che in pochi giorni potrebbe saltare sotto vari profili".
Pronto a dare subito il via libera al voto a distanza il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari: "Si cambi il regolamento per prevedere il voto a distanza, così da evitare di andare in Aula. certo, non sarebbe un sistema valido per sempre, ma visto che ci troviamo in una situazione di emergenza si potrebbe procedere così. Non deve diventare la prassi - sottolinea Molinari - ma solo uno strumento da utilizzare in questa situazione di emergenza". Il leghista riconosce che il tema solleva "qualche dubbio di costituzionalità, ma sarebbe un'eccezione vista la situazione straordinaria".
Il fronte degli scettici
Invita alla cautela il capogruppo di Italia viva in commissione Affari costituzionali, Marco Di Maio: "Non bisogna farsi prendere da decisioni sull'onda emotiva dell'emergenza. E' comprensibile, ma bisogna ragionare con calma". L'esponente renziano, quindi, suggerisce "molta cautela. Sono d'accordo sul far svolgere riunioni e audizioni in videoconferenza, ma solo dove non è necessario un voto. penso che in questo momento dobbiamo dare risposte immediate alle famiglie e alle imprese e prima di avventurarci in forme di voto elettronico per il Parlamento ci penserei bene. capisco la logica che muove la proposta, vista l'emergenza senza precedenti, ma rischiamo di creare un precedente che poi va a sostituire il voto in Aula.
Sulla stessa lunghezza d'onda il capogruppo di Leu alla Camera, Federico Fornaro: "Non sono pregiudizialmente contrario, ma il voto a distanza solleva dubbi di costituzionalità. L'articolo 64 della Costituzione al comma 3 parla espressamente di maggioranza dei presenti, quindi il voto a distanza non lo vedo possibile per l'Aula. Più praticabili, invece, e porte aperte, a discussioni e votazioni a distanza per le commissioni, sempre in via del tutto eccezionale vista l'emergenza". "Insomma - conclude Fornaro - il problema è che l'obiezione è l'articolo 64 della Carta ed è insormontabile, bisognerebbe cambiare la Costituzione".
Non è d'accordo nemmeno Forza Italia: "Io sono innanzitutto perché il Parlamento resti aperto. E' necessario che resti aperto e possa lavorare, assumendo tutte le accortezze del caso per evitare il contagio", afferma la capogruppo alla Camera, Mariastella Gelmini. "Non credo ci sia bisogno del voto elettronico, poi si possono scegliere altre modalità ad esempio la videoconferenza per la capigruppo, ma bisogna garantire la funzionalità del parlamento".
Scettici anche i 5 stelle: "Sono certa che il presidente della Camera valuterà tutte le soluzioni e le modalità per garantire il funzionamento di Montecitorio nel rispetto della salute e delle prescrizioni", afferma Giulia Sarti. "Confido molto nelle scelte del presidente Fico che, come la presidente Casellati, hanno già adottato per mettere in sicurezza tutti, come la riduzione del numero dei presenti". Quella del voto a distanza è una proposta "legittima, e magari nel futuro bisognerà ragionare su forme di voto elettronico e prevedere strumenti diversi, ma in questo momento cercherei di fare il necessario per esaminare e convertire in tempi rapidi i decreti sull'emergenza coronavirus, sempre rispettando le prescrizioni di sicurezza", conclude la pentastellata.
Infine, il Questore di Montecitorio, il deputato di FdI Edmondo Cirielli, risultato positivo al test, osserva: "La struttura amministrativa della Camera ha fatto il possibile per fare il suo dovere, ma io per la verità ritengo che sia stato un errore far funzionare l’assemblea come se niente fosse per 15 giorni e l’ho detto ripetutamente. Purtroppo poco ascoltato". Detto questo, quanto all'ipotesi di votazioni a distanza, "penso che potrebbero votare solo il capogruppo con il voto ponderale e la Camera dovrebbe convocarsi solo per motivi urgenti e indifferibili o per esigenze collegate al virus".