Cade domani 4 marzo il secondo anniversario della vittoria mutilata del centrodestra alle elezioni Politiche, con il 37% dei voti ottenuti, e in un’intervista a Libero Quotidiano l’ex ministro azzurro della Funzione pubblica Renato Brunetta dice di pensare che “questi 24 mesi siano solo un brutto sogno e ricominciamo da dove saremmo dovuti partire nel 2018”. Ovvero, partire dal cercare “i voti mancanti alle Camere per fare un nuovo governo”, il che sarebbe oggi “la soluzione più corretta costituzionalmente, legittima politicamente e seria dal punto di vista programmatico”, visto che il centrodestra, a differenza di M5S e Lega ed M5S e Pd, “condivide un programma di governo, che ho materialmente steso io”.
Insomma, riprendersi il tempo perduto. Quanto ai voti, dice Brunetta, “c’è Italia Viva, di Renzi, e poi c’è l’enorme area dei fuoriusciti da M5S, che è ulteriormente incrementabile”. E non sarebbe un’operazione di Palazzo, ma un governo “con una maggioranza legittimata dal voto del 2018 e da quello di tutte le consultazioni successive”, “un governo di centrodestra allargato a chi ci sta, figlio del consenso e per questo più autorevole in Europa” e il cui premier “lo deciderà la maggioranza, per come risulterà allargata”, anche se - dice Brunetta - “si è fatto il nome di Draghi”, una scelta che lui stesso definisce “straordinaria” perché “otto anni fa ha contribuito a salvare l’Italia” dal fronte della Bce e che oggi con il suo famoso “whatever it takes…” (a ogni prezzo) comunque “avrebbe l’autorevolezza per chiedere alla Ue di sospendere tutti i vincoli finanziari” - dal patto di stabilità al fiscal compact – “in un’ottica straordinaria di uscita da questo momento di crisi drammatica”.
Dunque, secondo Brunetta, l’ex governatore della Bce potrebbe così “imporre all’Unione un new deal keynesiano fatto di investimenti infrastrutturali senza precedenti” per il quale “servono due-tremila miliardi” con l’obiettivo di modernizzare l’Europa.