Si calmano le acque dopo la tempesta nella maggioranza di governo, ma la situazione politica resta in tensione e molti sono gli scenari invocati dai diversi protagonisti: tra questi anche la possibilità che, in caso di crisi, i partiti diano vita a un governo elettorale e tra gli esempi del passato il più recente è quello del governo Ciampi, che fu un governo messo in campo per dare tempo alle Camere di varare una legge elettorale nuova e portare il paese al voto. Il presidente del Consiglio fu incaricato dal presidente della Repubblica dopo rapidissime consultazioni e scelto fuori dal Parlamento senza attendere una indicazione dai partiti. Le condizioni rispetto ad allora mostrano alcune somiglianze e molte differenze, ecco dunque la breve storia di quel governo.
È il 1993, da mesi la politica e i partiti della Prima Repubblica sono travolti dalla tempesta di Tangentopoli. I radicali e Mario Segni promuovono un referendum che di fatto introduce il sistema maggioritario al posto del proporzionale per l'elezione del Senato. Il referendum si svolge il 18 aprile e i si' vincono con l'82%. Tre giorni dopo il presidente del Consiglio giuliano Amato, che guida un governo sostenuto da Dc, Psi, Pli e Psdi, si dimette, leggendo nei referendum (si votò per 8 quesiti) una richiesta di "cambiamento politico e istituzionale" da parte del popolo italiano.
La strada di elezioni anticipate era preclusa poiché in seguito al referendum le due Camere avevano due sistemi elettorali diversi ed era necessaria una nuova legge elettorale. Dopo rapidissime consultazioni l'allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro incaricò Carlo Azeglio Ciampi, Governatore della Banca d'Italia, presidente del Consiglio. Ciampi, primo premier non parlamentare della storia repubblicana, accettò l'incarico e dette vita a un governo senza svolgere sue consultazioni ma indicando ministri prevalentemente tecnici (si parlò di governo dei professori o di governo tecnico).
Ottenne la promessa di voto da parte del Pds e dei Verdi, che però ritirarono i loro quattro ministri dopo che la Camera negò l'autorizzazione a procedere per Bettino Craxi. Il 7 maggio il governo Ciampi ottenne la fiducia e il premier si dimise il 12 gennaio del 1994, restando poi in carica fino all'11 maggio, in seguito alle elezioni. Durante l'anno di governo, le Camere approvarono la nuova legge elettorale, passata alla storia come Mattarellum e la riforma del finanziamento ai partiti, si avviarono alcune privatizzazioni e si aggredì l'inflazione grazie alla concertazione tra governo e parti sociali.
Il clima restò caldissimo per il proseguire delle inchieste di Tangentopoli e le difficoltà dell'economia. Alle elezioni vinse il Polo delle Libertà guidato da Silvio Berlusconi che fu dunque incaricato di formare il nuovo governo.