“Era un caso molto spinoso, risolto in continuità con le decisioni precedenti”. Lo sostiene in un’intervista a la Repubblica il costituzionalista Massimo Luciani, il quale afferma anche che ciò che non ha funzionato nella richiesta sull’ammissibilità del referendum della Lega è che “non rispettato la regola che impone ai promotori di ottenere, col “ritaglio”, l’espansione di un principio normativo già presente nella legge da abrogare”.
Ovvero, in questo caso la richiesta di abrogazione “riguardava anche la legge di delega per ripartire il territorio nazionale in collegi”, una legge, spiega Luciani, “che è stata ritagliata facendole dire qualcosa che non contemplava, visto che era stata pensata per il diverso scopo di adeguare il sistema elettorale alla riduzione del numero dei parlamentari”.
Quanto alle critiche piovute sulla decisione della Corte, il costituzionalista sostiene che “è un costume politico diffuso farsi piacere la Consulta quando ti dà ragione e considerarla eversiva quando ti dà torto” e che con tutta probabilità “con l’ammissione del referendum avremmo avuto critiche speculari” dal versante opposto.
Quindi “non è possibile cavarsela con una battuta” perché “gli indirizzi sull’ammissibilità dei referendum sono tra i più complessi e controversi dell’intera giurisprudenza costituzionale” stabiliti circa 40 anni fa dalla Corte medesima.