Quarantadue anni, laureato in filosofia, storico dell’economia, teorico dell’economia del benessere (wellbeing economy), ex ministro dell’Istruzione che ha da pochi giorni abbandonato, Lorenzo Fioramonti rimprovera al Movimento Cinque Stelle un un’intervista a la Repubblica “l’impossibilità di un confronto critico” in quanto “non è ammesso il dissenso, non c’è ascolto” secondo la teoria ma anche la prassi che “i panni sporchi si lavano in famiglia”. “Per il resto – aggiunge laconico Fioramonti – si tace o si esce”.
Lui dice di essere “sempre stato critico in modo esplicito” perché il punto è che “a volte ci si dimentica cosa sono le cinque stelle”, ovvero “acqua pubblica, mobilità sostenibile, ambiente”, cioè quell’economia del benessere a cui “ho dedicato tutta la mia vita di studi” assicura l’ex titolare del dicastero di viale Trastevere a Roma. E sicura, anche, che “serva “un’alleanza di governi che puntino al benessere sociale e ambientale, non alla crescita del Pil”, come accade in Scozia, Finlandia, Nuova Zelanda, Islanda dove i “quattro governi hanno preso a modello i miei lavori accademici, le mie proposte” assicura l’ex ministro.
Nel corso dell’intervista Fioramonti narra anche come ha conosciuto Di Maio (“alla presentazione di un mio libro) e di come ha fatto strada nel Movimento (“lo accompagnai in un paio di missioni estere ad accreditarsi con banchieri, investitori stranieri. Alla Borsa di Londra”), di come “la segretaria di Di Maio” gli propose di fare il ministro della Infrastrutture “e risposi no” per poi tornare “alla carica, avevano bisogno di una persona competente all’Istruzione. Me lo chiesero come un favore, si era a poche ore dalla presentazione della squadra”.
Interrogato anche sul confronto Usa-Iran, Fioramonti che ha lavorato a lungo a un progetto di ricerca con l’università di Teheran, afferma che non si stupisce più di tanto che l’Italia fosse all’oscuro dell’attacco in cui è stato ucciso il generale Soleimani, perché “«Di Trump non mi stupisce nulla” mentre quel che semmai lo colpisce è “la subalternità dei nostri governi alle sue politiche” in quanto “scatenare un conflitto in una parte del mondo così delicata, che ha così tanto sofferto, è irresponsabile” dice. Tanto più in un Paese come l’Iran, “colto, sofisticato, con livelli di istruzione fra i più alti del mondo e grandi possibilità di emancipazione” dove “le forze progressiste e quelle conservatrici si fronteggiano”. Poi Fioramonti assicura: “I miei colleghi, lì, lamentano la miopia dell’Occidente: gli attacchi rafforzano il conservatorismo e l’estremismo”.
E sulla capacità del ministro degli Esteri di gestire una crisi così complessa, Fioramonti si esprime così: “Bisogna dargli tempo. Servono controllo e coraggio. La politica estera non è una dependance dell’economia. A volte i neofiti non hanno coraggio per paura di ciò che non conoscono. Non mi riferisco solo al problema linguistico. Di Maio ha intuito”. “Speriamo” chiosa poi.