Lavorare ad una risoluzione comune tra M5s e Pd quando l'11 dicembre la discussione sul Mes entrerà nel vivo e i gruppi parlamentari saranno costretti ad esprimersi apertamente. È il tentativo che stanno portando avanti le 'colombe' della maggioranza per evitare che il governo possa cadere su un tema che - dicono sia i deputati e i senatori di M5s e Pd - sarebbe difficile da spiegare agli italiani. È la posizione anche che auspica il presidente del Consiglio che si trova a dover sbrogliare una matassa complicata. Tutto dipenderà da cosa il responsabile dell'Economia riuscirà a spuntare all'Eurogruppo. Perché al di là delle posizioni al momento poco concilianti tra il ministro Gualtieri e il capo delegazione M5s Di Maio, c'è anche da considerare la decisione dei renziani di sfilarsi dal confronto, mantenendo di fatto le mani libere.
Il premier sta cercando di muoversi sul filo dell'equilibrio. Ma le critiche a Salvini, quel "tutti i ministri sapevano", sono state interpretate - anche dai ministri M5s - come un attacco implicito allo stesso Di Maio. "Non era solo un'allusione ma una critica vera e propria", riferisce un esponente del governo pentastellato, sottolineando come il premier pure su questo tema si sia schierato apertamente con il Pd. Una tesi confutata da palazzo Chigi.
Conte - viene spiegato - ha risposto a Salvini e Meloni che lo hanno accusato di alto tradimento, non a Di Maio. E così lo stesso presidente del Consiglio ha voluto smentire voci di screzi con il responsabile degli Esteri che - ha sottolineato il premier - "ha espresso criticità comprensibili". La posizione di Conte però è che non si può buttare tutto all'aria, che finora il negoziato sul Mes è stato un compromesso sancito all'interno di un consesso nel quale fanno parte 18 Paesi, che è da migliorare, che comunque un'apertura da parte di altri leader europei potrà esserci.
I dubbi di Renzi sulla tenuta del governo
Insomma la strada è quella di lasciar aperto il negoziato e guadagnare più tempo, smussando gli angoli. Non escludendo il rinvio qualora la logica del 'pacchetto' non dovesse essere rispettata. Tuttavia il Pd, pur apprezzando come Conte abbia smontato "le bugie" di Salvini, non condivide i continui strappi di Di Maio. E i vertici dem ne avrebbero parlato - rivela un ministro dem - anche con il premier Conte. Intanto si confuta il metodo portato avanti dal capo politico M5s: nascondersi dietro le difficoltà dei gruppi parlamentari non è più una 'scusa' plausibile, altrimenti anche i dem potrebbero replicare lo stesso modello.
Insomma per dirla con le parole di un 'big' del partito del Nazareno il presidente del Consiglio presto dovrà prendere una decisione. Ovvero se assecondare la linea di Di Maio oppure porre i gruppi parlamentari pentastellati di fronte alle proprie responsabilità. La strada del voto in Aula su tutti i nodi da scogliere difficilmente potrà essere rinviata. Del resto lo stesso Renzi - che nel frattempo ha chiesto un incontro urgente a Conte - lo dice chiaramente: la tenuta del governo? "Non so cosa succedera'... Ci sono tanti temi sul tavolo...".
il malessere dei pentastellati
Il segnale del malessere del Movimento 5 stelle è quell'assenza di Di Maio (che ha riunito i ministri prima del Cdm) durante il dibattito al Senato dove si è rischiato il bis degli incidenti alla Camera, con il sottosegretario pentastellato Santangelo che è quasi venuto alle mani con un gruppo della Lega, tra cui l'ex ministro Centinaio. Di Maio ai suoi lo ha ripetuto nuovamente: "Non accetto più di dire sì a scatola chiusa".
Del resto il Movimento su quella che esponenti come Giarrusso e Paragone definiscono "una nostra battaglia storica" è abbastanza compatto. Lo si è capito quando un senatore del Movimento, prendendo la parola nell'emiciclo, ha difeso il negoziato sul Mes. Sono partite - riferisce una fonte pentastellata - diverse invettive: "Noi dobbiamo criticarlo, non difenderlo".
Sulla stessa linea - dice un altro 'big' pentastellato - lo stesso Di Battista che - confida la stessa fonte - non avrebbe gradito l'intervento del presidente del Consiglio. Conte dunque sempre più sul filo dell'equilibrio. Con il rischio che l'11 dicembre quando si ripresenterà alle Camere la difesa anti-Salvini non possa bastare. A meno che l'Europa non conceda ancora più tempo: una ulteriore dilazione del negoziato permetterebbe a Pd e M5s di compattarsi. Anche con una risoluzione comune.