La via maestra per modificare una legge dello Stato, come le leggi sulla sicurezza volute dal ministro dell'Interno leghista Matteo Salvini, consiste nell'approvare una nuova legge abrogativa o modificativa, anche con un decreto legge, che sarebbe in vigore dal momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Per l'immediato c'è però una via ancora più semplice che potrà essere adottata dal nuovo ministro dell'Interno, un secondo dopo il giuramento al Quirinale. L'articolo 1 della legge sicurezza bis stabilisce: "Il Ministro dell'interno, Autorità nazionale di pubblica sicurezza, nell'esercizio delle funzioni di coordinamento di cui al comma 1-bis e nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia, può limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica. Il provvedimento è adottato di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le rispettive competenze, informandone il Presidente del Consiglio dei ministri".
Si tratta quindi di una facoltà, di cui il nuovo ministro dell'Interno potrà anche non avvalersi.
I rilievi del Quirinale
Oggi il capogruppo dei deputati M5s, Francesco D'Uva, ha affermato: "Ci sono stati dei rilievi da parte del Presidente della Repubblica. Questi non possono essere ignorati, si parta da qui". Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel promulgare la legge di conversione del decreto legge sicurezza bis, scrisse ai Presidenti di Camera e Senato, rimarcando due profili che suscitarono "rilevanti perplessità".
"Per effetto di un emendamento - scrisse Mattarella - nel caso di violazione del divieto di ingresso nelle acque territoriali - per motivi di ordine e sicurezza pubblica o per violazione alle norme sull'immigrazione - la sanzione amministrativa pecuniaria applicabile è stata aumentata di 15 volte nel minimo e di 20 volte nel massimo, determinato in un milione di euro, mentre la sanzione amministrativa della confisca obbligatoria della nave non risulta più subordinata alla reiterazione della condotta. Osservo che, con riferimento alla violazione delle norme sulla immigrazione non è stato introdotto alcun criterio che distingua quanto alla tipologia delle navi, alla condotta concretamente posta in essere, alle ragioni della presenza di persone accolte a bordo e trasportate. Non appare ragionevole - ai fini della sicurezza dei nostri cittadini e della certezza del diritto - fare a meno di queste indicazioni e affidare alla discrezionalità di un atto amministrativo la valutazione di un comportamento che conduce a sanzioni di tale gravità".
"Devo inoltre sottolineare - proseguì Mattarella - che la Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 112 del 2019, ha ribadito la necessaria proporzionalità tra sanzioni e comportamenti.Va anche ricordato che, come correttamente indicato all'articolo 1 del decreto convertito, la limitazione o il divieto di ingresso può essere disposto 'nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia', così come ai sensi dell'art. 2 'il comandante della nave è tenuto ad osservare la normativa internazionale'. Nell'ambito di questa la Convenzione di Montego Bay, richiamata dallo stesso articolo 1 del decreto, prescrive che 'ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batta la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l'equipaggio e i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo'.
Il nodo dei reati contro i pubblici ufficiali
Il secondo profilo - aggiunse il capo dello Stato - riguarda la previsione contenuta nell'articolo 16 lettera b), che modifica l'art. 131 bis del codice penale, rendendo inapplicabile la causa di non punibilità per la 'particolare tenuità del fatto' alle ipotesi di resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale e oltraggio a pubblico ufficiale 'quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni'.
Non posso omettere di rilevare che questa norma - assente nel decreto legge predisposto dal Governo - non riguarda soltanto gli appartenenti alle Forze dell'ordine ma include un ampio numero di funzionari pubblici, statali, regionali, provinciali e comunali nonché soggetti privati che svolgono pubbliche funzioni, rientranti in varie e articolate categorie, tutti qualificati - secondo la giurisprudenza - pubblici ufficiali, sempre o in determinate circostanze. Tra questi i vigili urbani e gli addetti alla viabilità, i dipendenti dell'Agenzia delle entrate, gli impiegati degli uffici provinciali del lavoro addetti alle graduatorie del collocamento obbligatorio, gli ufficiali giudiziari, i controllori dei biglietti di Trenitalia, i controllori dei mezzi pubblici comunali, i titolari di delegazione dell'ACI allo sportello telematico, i direttori di ufficio postale, gli insegnanti delle scuole, le guardie ecologiche regionali, i dirigenti di uffici tecnici comunali, i parlamentari".
"Questa scelta legislativa - scrisse Mattarella - impedisce al giudice di valutare la concreta offensività delle condotte poste in essere, il che, specialmente per l'ipotesi di oltraggio a pubblico ufficiale, solleva dubbi sulla sua conformità al nostro ordinamento e sulla sua ragionevolezza nel perseguire in termini così rigorosi condotte di scarsa rilevanza e che, come ricordato, possono riguardare una casistica assai ampia e tale da non generare 'allarme sociale'. In ogni caso, una volta stabilito, da parte del Parlamento, di introdurre singole limitazioni alla portata generale della tenuità della condotta, non sembra ragionevole che questo non avvenga anche per l'oltraggio a magistrato in udienza (di cui all'articolo 343 del codice penale): anche questo è un reato 'commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni' ma la formulazione della norma approvata dal Parlamento lo esclude dalla innovazione introdotta, mantenendo in questo caso l'esimente della tenuità del fatto. Tanto rappresento - concluse il Presidente della Repubblica - rimettendo alla valutazione del Parlamento e del Governo l'individuazione dei modi e dei tempi di un intervento normativo sulla disciplina in questione".