Alla domanda precisa de Il Messaggero che gli chiede nell’edizione su carta se corrisponde al vero la voce che circola secondo la quale per Matteo Renzi sia pronto un posto come Commissario Ue, Andrea Marcucci, capogruppo dem al Senato, Pd di stretta osservanza renziana, risponde netto: “Questa non credo sia un’ipotesi sul tappeto”. E al secondo quesito che gli viene posto, se cioè tutte le componenti del Pd, renziani compresi, saranno parte del nuovo esecutivo, Marcucci replica che “nel rispetto delle prerogative del Quirinale e dell’eventuale presidente incaricato, non vedo preclusioni”.
Poi però lo stesso capogruppo democratico al Senato lamenta il fatto che “in queste ore si fa un gran parlare di nomi”, un aspetto che definisce “fisiologico, non mi scandalizzo”, però allo steso tempo – aggiunge anche – che “mi aspettavo dai 5Stelle un maggiore impegno sui temi programmatici”. Insomma, “se noi del Pd non abbiamo perso tempo e abbiamo già messo a fuoco parecchio materiale” in verità “abbiamo un po’ faticato a far partire il confronto con loro sulle cose da fare”.
Sono le ore concitate della trattativa tra le due delegazioni politiche, M5s e Pd, che stanno tentando di dar vita a un nuovo governo dopo che Salvini e la Lega hanno rotto l’alleanza gialloverde, e il capogruppo che accompagna Nicola Zingaretti nella trattativa diretta con Luigi Di Maio insiste nel dire al quotidiano della Capitale che “abbiamo chiesto discontinuità ai pentastellati rispetto al governo precedente sia sulle persone che sul progetto politico” perché “gli italiani devono capire che un nuovo governo non nasce con una semplice sostituzione della Lega con un altro partner ma sulla base di un programma alternativo e con altri interpreti”.
Problemi con Conte ce ne sono? Marcucci risponde che “il problema Conte come persona non c’è” e che ni suoi confronti i democratici “hanno sempre osservato il massimo rispetto istituzionale”. Ma nel Pd ci sono frizioni? Fra renziani e maggioranza del partito, ad esempio? Niente da rimproverare a Zingaretti sulla conduzione delle trattative? “Marcucci risponde che no, il dato politico “che sta emergendo è la sostanziale unità del Pd” e che “Zingaretti sta trattando assieme a tutto il partito e i gruppi parlamentari gli sono vicini”. Per poi puntualizzare: “Che poi sia stato Matteo Renzi per primo ad aprire la strada del confronto con i 5Stelle è un dato di fatto”. Quanto al fatto che poi il confronto “è difficile e nessuno è perfetto”.
Divisioni sull’immigrazione, chiede il quotidiano? “Per ora chiediamo garanzie sul metodo e sugli obiettivi” si limita a dire il capogruppo al Senato. Ma “è chiaro che ci vorrà un maggiore coinvolgimento dell’Europa” sottolinea Marcucci, che aggiunge: “E anche una maggiore capacità di gestione di un fenomeno complesso come il governo Gentiloni aveva iniziato a fare”. Tuttavia “è ancora presto per i dettagli per le cose che dovremo mettere in cantiere con i pentastellati” anche e, precisa sempre Marcucci, “non per nostra responsabilità quanto perché non siamo ancora riusciti ad avviare un confronto nel merito con i 5Stelle a partire da ambiente e lavoro che sono temi che ci stanno molto a cuore”.
E sul taglio dei parlamentati, il confronto com’è? Secondo il capogruppo a Palazzo Madama “il M5s ha capito che non abbiamo preclusioni a ridurre il numero” ma “vogliamo che questa riduzione avvenga senza mettere in discussione la funzionalità del Parlamento e la qualità della rappresentanza dei cittadini” ciò che comporterà “modifiche ai regolamenti parlamentari e prendere altre misure fra le quali una nuova legge elettorale”.
E a Salvini che parla di manovra di Palazzo, cosa rispondete? “Che non si può sentire. M5S e Lega non si sono presentati assieme alle elezioni del 2018, io ritorcerei su Salvini le accuse di manovra di Palazzo: è stato lui a staccare la spina al governo giallo-verde per ragioni di partito”.