Giuseppe Conte è circa a metà del suo discorso. Ha appena accusato Matteo Salvini di irresponsabilità istituzionale e di voler tornare al voto per un “puro tornaconto elettorale”. Il premier abbassa il tono della voce, gira le spalle verso il suo vice, e sembra cercarne lo sguardo per dirgli “qualcosa che finora non ti ho mai detto”. È il preludio dell’affondo: “Chi ha compiti di responsabilità istituzionale dovrebbe evitare durante i comizi di accostare agli slogan politici i simboli religiosi”.
L’Aula rumoreggia. Giuseppe Conte si interrompe qualche secondo. Il tempo che servirà a Salvini per guardare i banchi leghisti, allargare prima le braccia e poi mettere una mano in tasca da dove fa uscire un crocefisso che bacerà (minuto 26.45 in questa diretta) poco prima che Conte riprenda il suo affondo: “Matteo, nella mia valutazione questi comportamenti sono episodi di incoscienza religiosa. Che rischiano di offendere il sentimento dei credenti e nello stesso tempo di oscurare il principio di laicità, tratto fondamentale dello Stato moderno”. Una parte dell’Aula applaude. Dai banchi della Lega si protesta e si alza la voce. Quella che si percepisce più chiaramente è quella del senatore leghista Simone Pillone che rivolto a Conte urla: “Ma dai! Basta!”.
Conte, fervente cattolico che non ha mai negato la sua devozione a Padre Pio, con quel passaggio, forse l'attacco più duro a Salvini in tutto il suo intervento, ha dato il via a un vivace botta e risposta in Aula sul tema dell’ostentazione dei simboli religiosi.
La risposta di Salvini
Il primo intervento dopo il discorso di Conte è quello di Salvini. Il ministro dell'Interno risponderà all'attacco sui simboli rivendicando la sua fede: “Lei fa un torto al popolo italiano se pensa che voti in base ad un rosario. Gli italiani votano con la testa e con il cuore, e sono orgoglioso di rivendicare il fatto che credo. E non ho mai chiesto per me la protezione, ma per il popolo italiano la protezione del cuore immacolato la protezione del cuore immacolato di Maria la chiedo e non me ne vergogno”. Salvini, che alla fine del suo intervento, ha poi baciato un rosario, tirandolo fuori dalla tasca della giacca, rivendicando la sua fede cristiana.
"Sì, ho baciato il rosario di Mediugorje", ha poi confermato all'Agi. E ai cronisti in Transatlantico ha ribadito: "Posso tenere il rosario con la madonna di Mediugorje senza che nessuno lo ritenga un pericolo per la democrazia? Poi uno crede o non crede. Io mi ricordo Conte con padre Pio da Vespa e non mi sono permesso di eccepire. Poi ognuno è libero di credere o meno".
Durante il suo discorso Salvini è stato ripreso dalla presidente Elisabetta Casellati. Sullo sfondo anche le proteste dei senatori del Partito democratico che hanno ricordato che non si possono esporre simboli religiosi in Aula.
L'ironia di Renzi, che cita il Vangelo
Ma il tema ‘religioso’ sarà un po’ il leitmotiv della prima parte della discussione al Senato. Sarà ripreso nel secondo intervento, quello di Matteo Renzi, che rivolgendosi a Salvini dice: "Io rispetto la sua fede religiosa che condivido anche se con accenti diversi e allora legga il Vangelo, ovviamente secondo Matteo”, sembra ironizzare Renzi, “quando dice 'avevo freddo e mi avete accolto, avevo fame e mi avete dato da mangiare'. Se crede in quei valori faccia sbarcare quelle persone che sono ferme, ancora adesso, ostaggio di una politica vergognosa”.
L'accusa di Morra: un messaggio all'ndrangheta
Tornerà sul tema anche il senatore M5s Nicola Morra, fin dall’inizio del suo intervento: “La laicità dello Stato è un valore indiscutibile e un uomo politico deve essere molto prudente. Lo ribadisco perché Salvini ha fatto sapere Urbi et Orbi dando la benedizione non da San Pietro ma dal Papeete Beach ha detto che si sarebbe interrotta l’esperienza di governo ed è partito in un tour”.
Poi il duro affondo, al limite della querela, verso oramai ex alleato di governo: Salvini, “in Calabria ha ostentato pubblicamente un rosario, lo ha fatto in una terra dove c’è un santuario a cui si è consegnata l’Ndrangheta”. E questo per Morra, presidente della Commissione parlamentare Antimafia, “significa mandare messaggi in codice a certe forze che soprattutto gli uomini di Stato, in particolare modo il ministro dell’Interno, dovrebbero combattere”.
@arcangeloroc