Come e quando è ancora tutto da vedere, ma ormai tutti guardano con realismo all’orizzonte della crisi di governo e alle elezioni anticipate, magari a ottobre. Tanto che Matteo Renzi, già premier ed ex segretario del Pd, in un colloquio con La Stampa di Torino, profetizza che se si vota “di sicuro nascerà una forza di centro” e “su questo non ci sono dubbi” è disposto a giurare. Se sarà lui l’artefice di questo varo si guarda bene dal rivelarlo e, anzi, subito si schermisce: “Non è un annuncio, parlo da osservatore”, chiarisce.
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Sta di fatto che di movimenti e convergenze in “zona centro” ce ne sono diverse. Potrebbe trattarsi di una lista liberal o moderata come quella da tempo prefigurata dal dem di recente acquisizione Carlo Calenda o anche di una lista che prende ispirazione dai Comitati civici lanciati dallo stesso Renzi all’ultima convention della Leopolda a Firenze, o addirittura – prefigura gli scenari il quotidiano torinese – di una forza più larga che si potrebbe aprire e rivolgere non solo al centro cattolico-democratico ma allargarsi fino anche all’elettorato di Forza Italia, che vede – per esempio – esponenti come Mara Carfagna, appena defilatasi da un possibile governatorato di gestione di Forza Italia, dopo il brevissimo tandem con Toti per provare a rilanciare il partito di Berlusconi, e altri riformisti di “area Monti” ed esponenti legati al mondo delle imprese sensibili a questa proposta. Quanto meno per provare ad arginare il dilagare di Matteo Salvini.
Ma che convenienza c’è ad aprire la crisi e andare al voto subito? Per Matteo Renzi una risposta c’è, non solo perché per il vicepremier e leader leghista questa “è l’ultima occasione per rompere”, e va ricercata nel fatto che “se Salvini apre la crisi è perché ha finito i soldi” perché secondo l’ex premier democratico “la sua macchina della comunicazione ne ha bisogno di continuo”. “Se Salvini non rompe subito non si voterà prima del maggio 2020” prova a guardare in avanti Renzi, che però dice anche che tutto potrebbe restare anche tutto com’è perché per uno come Salvini che “ama le campagne elettorali” potrebbe volersi fare a inizio anno quelle già disponibili, e che sono “quella dell’Emilia Romagna e della Calabria”.
Ma l’occasione per spingere alla rottura e puntare al voto subito secondo Renzi è più probabile in quanto se a settembre fosse approvato il taglio dei parlamentari si verrebbe a chiudere la finestra elettorale fino a primavera e, visto che la Lega potrebbe avvantaggiarsi dai collegi più ampi che risultano essere molto più vantaggiosi per i partiti che possono vantare percentuali alte come in questo momento dimostra di poterlo fare la Lega, tutti gli altri partiti si getterebbero di corsa ad aprire il cantiere della legge elettorale. Non foss’altro per mettere i bastoni in mezzo alle ruote del Carroccio e tornare magari al proporzionale.
Tuttavia, nel delineare scenari immediati, futuri e possibili, nel colloquio con La Stampa l’ex premier non sembra escludere nulla, tanto da dire ce il percorso della crisi “più lineare sarebbe un Conte bis”. Cioè una crisi pilotata con un reincarico al premier stesso per un nuovo governo che possa contare su più ministri della Lega, un riequilibrio pr quelli 5Stelle e qualche sacrificio di peso come l’esclusione di Toninelli. Ma il rimpasto deve avvenire attraverso un voto di fiducia in Parlamento.
Ad ogni modo Renzi resta sempre l’imputato numero uno dentro il Partito democratico, anche per la regia del voto espresso dai dem sulla mozione 5Stelle sulla Tav al Senato. Secondo il tesoriere Luigi Zanda sarebbe stato meglio uscire “e non sommare i nostri voti a quelli di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia”. La stessa posizione la esprime anche Carlo Calenda in un’intervista a la Repubblica perché votando la propria mozione sulla Tav il Pd “ha rinunciato a colpire il governo ancora più duramente come peraltro Emma Bonino la leader di +Europa, suggeriva”. E le ragioni, secondo Calenda, sono semplici perché “una parte del Pd, maggioritario nei gruppi parlamentari, non vuole che il governo cada”. Per non fare nomi, colpa di Renzi. Accuse che lo stesso ex premier ha respinto giorni fa con una lettera al quotidiano diretto da Carlo Verdelli.