Non Roberto Fico, che rifiuta il ruolo di leader dell'opposizione interna in virtù della sua carica istituzionale. Non Alessandro Di Battista, battitore libero che non risparmia frecciate nemmeno al Movimento di cui fa parte. Per i leghisti la vera spina nel fianco è lui. Che si tratti di immigrati o di gay, se c'è qualcuno sempre pronto a fare da contraltare alle posizioni più conservatrici del Carroccio, è il sottosegretario alle Pari Opportunità, ed ex portavoce di Di Maio, Vincenzo Spadafora.
I suoi trascorsi non passano però per la sinistra radicale. Tutt'altro. Spadafora è un cattolico, legatissimo ai gesuiti, e si narra pure che avesse tentato la via del seminario per poi cambiare idea dopo una settimana. Nel suo passato non solo esperienze da missionario laico in Africa che lo portano, nel 2008, a diventare presidente di Unicef Italia.
Spadafora ha anche una militanza politica atipica per un pentastellato. I suoi inizi sono infatti al fianco di Andrea Losco, ex sindacalista Cisl e membro dell'Udeur di Clemente Mastella, nella sua breve esperienza alla presidenza della Regione Campania, durata dal 1999 al 2000. Poi lavora nella segreteria dei Verdi, allora guidati da Alfonso Pecoraro Scanio, per poi diventare capo della segreteria del ministero dei Beni Culturali con Francesco Rutelli e, nel 2011, garante per l'infanzia e l'adolescenza.
Anche con Pd e Forza Italia i rapporti sono buoni. Nel 2010 il Comune di Napoli, allora a guida dem, lo vuole presidente delle Terme di Agnano. E sono cordiali le relazioni con la corregionale Mara Carfagna. La sua rete di contatti è talmente estesa ed ecumenica che Spadafora viene dato vicino all'associazione Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo per il tramite di Carlo Pontecorvo, proprietario dell'acqua Ferrarelle, dal 2007 partner di Unicef. Solo una delle tante amicizie importanti di Spadafora, che comprendono anche esponenti del mondo dello spettacolo, come Roberto Bolle.
Ong, ambiente e un saldo rapporto con le gerarchie vaticane. Un curriculum da bergogliano ante litteram, si potrebbe dire. E, soprattutto, un'esperienza nella politica tradizionale che pochissimi altri pentastellati possono vantare. Anche per questo Luigi Di Maio, nel cui staff entra nel 2016, lo vuole come responsabile delle relazioni istituzionali. È lui l'uomo che accompagna il capo politico M5s nella costruzione di un profilo istituzionale. I due condividono le origini campane: Spadafora è nato ad Afragola nel 1974 e viene eletto a Casoria, un altro grosso centro del Napoletano. In lui Di Maio vede l'uomo che può presentarlo nelle stanze che contano. per questo vedremo, in seguito, Spadafora al fianco del vicepremier in numerosi viaggi ufficiali, da Israele all'università di Harvard. Un uomo per tutte le stagioni a fianco di un homo novus.
Vicino com'è al capo, in molti si aspettavano che a Spadafora sarebbe spettata una poltrona di rilievo nella compagine governativa. E invece, nei giorni in cui veniva formata la squadra, annuncia che non farà parte dell'esecutivo. Si accontenterà poi del ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega alle Pari Opportunità e ai Giovani.
Spadafora fa capire subito che non intende interpretare tale ruolo nella veste di silente uomo macchina. Quando il ministro della Famiglia leghista, Lorenzo Fontana, a pochi giorni dall'insediamento, afferma in un'intervista al Corriere della Sera che per lui le famiglie omogenitoriali non esistono, Spadafora si erge a suo ideale contraltare, diventando, scrive qualcuno, l'anima gay-friendly del governo. Il sottosegretario, il 30 giugno, si fa vedere al Pompei Pride e afferma che "i diritti conquistati non si perderanno". Sulla stampa riemergono alcune sue dichiarazioni, risalenti ai tempi in cui era garante per l'infanzia, nelle quali si esprime a favore delle adozioni per le coppie gay, posizione peraltro in contrasto con la dottrina vaticana.
I battibecchi con Fontana diventeranno una costante. Nell'agosto 2018 si apre la consueta polemica estiva sul fascismo. Fontana propone l'abrogazione della legge Mancino. Spadafora replica che andrebbe estesa anche agli omofobi. Nel gennaio 2019 difende Vladimir Luxuria da chi aveva criticato la sua partecipazione al programma 'Alla lavagna'. Un paio di mesi dopo, ospite di Lucia Annunziata, tuona che il ministro leghista, al di là dei proclami, "non ha fatto nulla" per la famiglia.
Spadafora si fa esplicito carico del ruolo di rimarcare la diversità dei grillini nei confronti della Lega, in replica a chi accusa Di Maio di essere troppo schiacciato sulle posizioni di Salvini. E l'altro fronte, oltre ai gay, sono i migranti. In un'altra intervista che fece rumore, concessa al Corriere nell'ottobre 2018, il sottosegretario denunciò un "arretramento culturale" anche sul fronte dell'atteggiamento nei riguardi degli immigrati. "Noi dobbiamo restare alternativi alla Lega, siamo una cosa diversa", disse, manifestando il suo sostegno all'ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano. Fino ad oggi, però, nessuno da via Bellerio aveva risposto a questi exploit chiedendo le dimissioni di Spadafora. Con la finestra per votare a settembre che si chiude tra pochi giorni, qualcuno potrebbe malignare che, da una parte o dall'altra, ci sia chi sta cercando l'incidente.