Con un Pil ancor più in caduta, lo spread che s’impenna, il rincaro dei mutui, le esportazioni che flettono, la contrazione degli investimenti delle multinazionali dall’estero e una manovra d’autunno sicuramente più difficile da realizzare senza azzoppare ancora di più l’economia, il risultato è che il conto dell’Italia potrebbe ammontare a “93 miliardi in due anni” come titola allarmata la Repubblica.
Al quadro sopra descritto va aggiunta anche “la guerra dei dazi” di Trump che ora rischia di diventare “uno shock, al pari di Brexit e crisi greca”. Comunque in grado di mettere in ginocchio l’Italia.
Infatti i “super dazi” statunitensi hanno finito con lo spaventare le Borse, terremotandole, da Milano a Shanghai, con perdite pesanti.
Il quotidiano diretto da Carlo Verdelli fa un po’ di conti e alla fin fine l’imbuto dei conti si scarica sui “mutui e credito al consumo”, con questo risultato: “Il rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato ha fatto aumentare i mutui a tasso fisso, dal settembre scorso, di mezzo punto percentuale: se lo spread, ad esempio, aumentasse di altri 50 punti i mutui a tasso fisso subirebbero un aumento complessivo di 3,5-4 miliardi”.
Al quotidiano di Largo Fochetti, l’economista Carlo Cottarelli prefigura per l’Italia il rischio di una nuova recessione che in molti non riescono a comprendere: ad esempio la minaccia di Trump sui dazi “rappresenta un rischio di attacco speculativo” in quanto “qualsivoglia fattore di indebolimento del ciclo economico mondiale, tipo il rallentamento della crescita americana, farebbe tornare il nostro Paese in recessione, in particolare considerando la fase nella quale ci troviamo proprio adesso: i dati statistici mostrano che sono solo le esportazioni a trainare la nostra economia, mentre la domanda interna langue. Dunque una eventuale guerra commerciale sarebbe per noi davvero pesante”.
Panico
Tuttavia dopo che Trump ha seminato il panico sui mercati finanziari con soli due tweet, “non sono i ribassi delle Borse a intimorire” osserva Il Sole 24 Ore, ma ora “la preoccupazione nasce per un altro motivo: per il rimbalzo improvviso dell’indice Vix, quello che misura la volatilità sulla Borsa Usa, passato ieri in un solo giorno da 12,87 a 18,80 per scendere poi in serata intorno a 15. Il motivo per cui questo indicatore mette un certo senso di inquietudine è semplice: gli investitori sul Vix hanno costruito la più grande speculazione ribassata mai vista prima”.
Questo è il problema, si legge ancora sul giornale di Confindustria: “Se ora qualche tweet di Donald Trump fa scendere le Borse e salire il Vix, come accaduto ieri, gli speculatori potrebbero essere presi in contropiede e costretti a smontare la loro scommessa. Questo potrebbe far salire ulteriormente il Vix, facendo partire un potenziale effetto domino sui listini amplificato dai trader algoritmici. Non si tratta di ipotesi: è esattamente quanto accaduto nel febbraio del 2018”.
Perché “l’indice Vix è sempre stato preso come termometro per misurare il rischio sulla Borsa Usa: perché quando i mercati sono calmi e positivi la volatilità è solitamente bassa, mentre quando calano e sono turbolenti la volatilità è solitamente elevata. Per questo il Vix è chiamato spesso “indice della paura”. Proprio per questa sua caratteristica”.
Certo, l’economia Usa batte tutte le previsioni, osserva il Corriere, anche se tra la magia (e i trucchi) sfoderati da Donald Trump.
Dati positivi, soprattutto se confrontati con quelli del rallentamento dell’Europa e della Cina. Quindi “il presidente ora prova a usare l’accresciuta potenza del suo mercato interno per forzare la mano a Pechino nei negoziati commerciali: una scommessa rischiosa che può danneggiare l’economia”.
“Ma, se la spunta, Trump potrà dire di essere riuscito laddove i suoi predecessori avevano fallito: imporre comportamenti economici più corretti al Paese che è, ormai, il grande avversario strategico degli Stati Uniti” scrive il corrispondente da New York di via Solferino.
Un rilancio spericolato, di sicuro un azzardo, quanto consapevole non si sa.
Come reagisce il Mandarino
Ma come l’ha presa Pechino? “Non è mancato il senso dell’umorismo caustico: sui social network mandarini ha raccolto molti consensi un post che mostra Trump intento a pigiare sui tasti del suo telefonino, con la didascalia: «Guardatemi mentre faccio sprofondare i vostri titoli migliori in Borsa». Diversi investitori a Shanghai diffondono teorie cospirative, accusando il presidente americano di speculare sul mercato azionario con le sue esternazioni incendiarie” si legge nella nota dalla Cina del quotidiano.
“Reazioni ufficiali molto caute: per ore nessun commento. La notizia sulla minaccia dei dazi più duri al 25% è stata oscurata dalla stampa cinese, dietro ordine del potere politico. La cronaca locale della giornata orribile in Borsa consiglia di non farsi prendere dal panico perché ‘i fondamentali dell’economia sono buoni’”.
Dall’America alla Cina all’Italia. Passando per Bruxelles. Cosa si prefigura per il nostro Paese? Intanto, rileva la Repubblica, “le previsioni economiche che la Commissione europea presenterà oggi segnano per il governo italiano il passaggio dalla fase delle chiacchiere e delle promesse, durata oltre un anno, a quella dei numeri reali e delle decisioni concrete. Non è detto che la coalizione grillo-leghista possa sopravvivere a questa transizione forzosa verso il principio di realtà”.
Sonnambuli
Ovvero? “La Commissione si limiterà a tracciare il quadro di un Paese il cui governo non ha voluto prendere atto delle difficoltà in cui già versava l’economia quando è andato al potere. Che non ha cercato di correggere le distorsioni che gli erano state segnalate. Che, anzi, ha gravemente peggiorato la situazione seminando incertezza e diffidenza tra gli investitori con provvedimenti elettoralistici conditi da dichiarazioni irresponsabili” si legge nella nota da Bruxelles.
Il risultato di questo esercizio, che il quotidiano definisce “di ignavia politica” è un debito che aumenta invece di diminuire, “alimentato da un deficit che sale ben oltre gli impegni assunti solo pochi mesi fa e che l’anno prossimo rischia di sfondare perfino i limiti del Trattato di Maastricht”.
Il tutto mentre “un governo di sonnambuli”, questo anche il titolo dell’articolo, “che dovrebbe aumentare l’Iva e privatizzare anche le caserme, vaneggia di flat tax e di nazionalizzare Alitalia a spese dei contribuenti”.
Insomma, visto da Bruxelles, ma anche dalle altre capitali europee, “il vero nocciolo del problema italiano è proprio questo. Non sono solo i trentatré miliardi che mancano all’appello, e che ci verrà chiesto di trovare con l’aumento dell’Iva e con altri tagli alla spesa per più di mezzo punto del Pil. Il problema è la credibilità di un governo che appare completamente sconnesso dalla realtà. Non solo si rifiuta ostinatamente di vedere la gravità della situazione (a Bruxelles si ricordano ancora con sbalordimento le parole di Conte sull’’anno magnifico’ 2019)”.
In sintesi, scrive la Repubblica, “a questo punto è assai probabile che a giugno la Commissione, sotto la pressione crescente delle capitali del Nord e anche dell’Est Europa (gli “amici” sovranisti di Salvini, per intenderci), decida di aprire contro l’Italia una procedura per debito eccessivo, che è molto più lunga, più dura e più vincolante di quella per deficit eccessivo. La decisione finale non è ancora stata presa”.
“La scelta di commissariare la terza economia dell’eurozona, contro il volere del suo governo e lasciando aleggiare lo spettro di un default del debito, non è un’opzione che si prende alla leggera. A questo si riferiscono i governi e le organizzazioni internazionali quando dicono che l’Italia è ormai diventata un fattore di rischio per la moneta unica. Ma la eventuale decisione di non fare nulla, e di rinviare ancora una volta l’apertura di una procedura di infrazione dopo aver messo a nudo le inadeguatezze del bilancio italiano, potrebbe avere conseguenze ancora più devastanti”.