Un fronte al giorno crea crepe nel percorso del governo M5s-Lega verso il voto europeo del 26 maggio. Il nuovo tema di divisione riguarda le 'vecchie' Province, 'svuotate' dalla riforma Delrio nel 2014. Ad aprire il dibattito un'anticipazione del 'Sole 24 Ore', secondo cui il ritorno all'elezione diretta di circa 2.500 presidenti e consiglieri provinciali è il "piatto forte" dell'ultima bozza delle linee guida per la riforma degli enti locali cui stanno lavorando M5s e Lega.
La notizia non è stata ben accolta da Luigi Di Maio che, intorno a mezzogiorno, ha inviato una nota al vetriolo: "Per me le Province si tagliano. Punto - ha scandito - Ogni poltronificio per noi deve essere abolito. Efficienza e snellimento, questi devono essere i fari. Questa è la linea del M5s".
Mentre, da Biella, impegnato nella campagna elettorale per le amministrative, Matteo Salvini ha ribadito la posizione della Lega, da sempre a favore del ripristino della Province: "L'abolizione delle Province eè una buffonata che ha portato disastri soprattutto nelle manutenzione di scuole e sulle strade - ha attaccato il capo della Lega - Vogliamo dare un servizio ai cittadini e se Comuni e Regioni non ce la fanno servono le Province". Da Pechino, dove si trova per il Forum sulla Via della Seta, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha invece preso tempo. "Affronteremo" il tema "quando ritorneremo", ha replicato alle domande dei giornalisti.
Tutto fermo sul caso Siri
Intanto, non sono emerse in giornata grosse novità sull'altro fronte 'bollente' che divide gli alleati di governo: il caso di Armando Siri, sottosegretario leghista cui il ministro pentastellato Danilo Toninelli ha revocato le deleghe perché indagato per corruzione nell'ambito di una inchiesta sull'eolico. In attesa dell'annunciato incontro chiarificatore tra Siri e Conte, che potrebbe tenersi lunedì, non ci sarebbero stati oggi contatti tra gli esponenti della maggioranza per arrivare a una soluzione del nodo.
E la situazione rimane congelata: da una parte, il M5s che pretende le dimissioni di Siri; dall'altra, la Lega che sostiene che dovrebbe "restare dove è". L'ultima parola spetta a Conte, che, comunque, ha chiarito che, se deciderà per le dimissioni, la sua sarà l'ultima parola. "Se la mia determinazione andrà nella direzione delle dimissioni, troverò il modo di scollarlo dalla poltrona", ha detto il premier. "Conte sta decidendo. Io parlo di vita vera e non di altro", si e' limitato a rispondere Salvini ai cronisti che lo attendevano in Piemonte. "Io non ho tempo per litigare, c'è il contratto, vado avanti come un treno. Per me l'Italia ha bisogno di sì".
Il tavolo tecnico
In merito al tema di discussione di giornata, ovvero le Province, Di Maio ha tenuto a puntualizzare nel pomeriggio che "gli sprechi si tagliano: è sempre stato così per il M5s, l'obiettivo è eliminare ciò che non è indispensabile e reperire risorse per abbassare subito le tasse a imprese e famiglie". "Io voglio che scuole e strade siano in condizioni efficienti", ha invece detto Salvini. "L'importante che i Cinque stelle si mettano d'accordo; qualche viceministro infatti dice sì e qualcuno dice no. Cosi' sull'autonomia e sui porti che qualcuno vuole chiusi e qualcuno aperti. L'importante è mettersi d'accordo".
Il problema è, infatti, che alla riforma sta lavorando un tavolo tecnico cui, oltre al sottosegretario leghista all'Interno Stefano Candiani, partecipa anche il vice ministro all'Economia, la pentastellata Laura Castelli. E lo ha fatto subito notare Candiani. "Stiamo facendo un lavoro importante con il M5s, e nello specifico con Castelli, in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali e a partire dal confronto col territorio che la riforma Delrio ha disarticolato con il risultato che i servizi che fornivano una volta le Province, come i trasporti e le scuole, non li copre più alcuno", ha spiegato il sottosegretario, contattato al telefono. "Ho letto quanto dichiarato da Di Maio sull'abolizione delle Province ma non voglio entrare nella polemica politica", ha insistito.
"Dico che continueremo il lavoro e che avremo a disposizione presto anche degli studi e dei numeri che dimostrano, purtroppo, come la riforma Delrio abbia anche fatto lievitare le spese invece di produrre risparmi. Ma voglio evitare che questo importante lavoro del governo sia risucchiato da polemiche elettorali", ha detto.
Di diverso avviso il capogruppo del M5s al Senato, Stefano Patuanelli. "Mi sembra paradossale che si invochi il ritorno delle Province, quando i poteri amministrativi sono stati dati alle città metropolitane - ha sostenuto -. Bisogna potenziare i territori, dare risorse adeguate e non creare altri versanti di spreco di denaro pubblico. Ancora più paradossale mi sembra l'idea di mettere indietro le lancette dell'organizzazione amministrativa. Si deve guardare avanti, innovare e per agire in questo senso è necessario tagliare i troppi sprechi che affogano letteralmente questo Paese. Siamo per il taglio degli stipendi dei parlamentari dopo aver ottenuto il taglio dei vitalizi. Queste sono misure e idee concrete. Il caos politico è di coloro che non hanno obiettivi chiari come li ha il Movimento 5 Stelle: tagliare sprechi e dare risorse alle comunità locali, non a vecchi centri di potere".
"Per ora è solo un confronto", chiarisce Castelli
"Sento tanto parlare di bozze condivise e altro sulle Province. La verità è che un tavolo di confronto con la Lega e nessuna decisione è stata presa", puntualizza da parte sua Castelli, "mai ho dato mio ok a elezioni di primo livello. Per ora è solo un confronto nel quale sono coinvolte anche le associazioni". "È necessario che si trovi una quadra rispetto anche alla nostra posizione per garantire i servizi ai cittadini, senza sprechi", aggiunge.
Critiche le opposizioni. "Oggi - ha fatto notare la capogruppo di FI al Senato, Anna Maria Bernini - è scoppiato anche il 'bubbone' delle Province, che la Lega vuol ripristinare e i Cinque Stelle, invece, abolire del tutto. Ormai non più neanche una rissa quotidiana: è un duello rusticano fra ex alleati di un ex governo che resta in carica incapace perfino di occuparsi degli affari correnti". "Litigano su Siri, legge di bilancio, Rai, Libia, immigrazione, Roma, litigano su tutto - ha osservato il presidente dei senatori Pd Andrea Marcucci -. C'è una cosa che però li mette sempre d'accordo: spartirsi le poltrone. Con ritorno alle Province pronti 2500 nuovi incarichi".