Dopo il caso Toninelli, con la maggioranza che è uscita ridimensionata dal doppio voto di sfiducia al ministro delle Infrastrutture, ci si interroga sulla capacità della coalizione di governo di reggere all'impatto della mozione di sfiducia presentata dal Partito democratico dopo l'inchiesta riguardante il sottosegretario leghista ai Trasporti, Armando Siri.
A Palazzo Madama, infatti, i numeri dei giallo-verdi si sono attestati un mese fa sotto quota 161, ovvero la maggioranza assoluta. Oggi, spiegano fonti parlamentari, la maggioranza potrebbe contare su 164-166 voti: numeri 'ballerini' che, pur non mettendo a rischio la tenuta del governo, consigliano prudenza da parte di Lega e M5s nell'affrontare il passaggio parlamentare.
Un esile equilibrio
Sin dall'inizio dell'avvio del governo Conte, la maggioranza M5s-Lega al Senato ha potuto contare su un esile equilibrio, tanto più dopo le espulsioni di alcuni senatori dal Movimento: i giallo-verdi infatti raggiungono quota 165 (58 senatori della Lega e 107 dei 5 stelle), quindi 4 soli voti in più rispetto alla maggioranza assoluta. Un margine che non consente agli alleati di governo di dormire sonni tranquilli.
Un primo campanello d'allarme si è registrato in occasione del voto al Senato sull'autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell'Interno Matteo Salvini. Da soli, i 153 voti di Lega e M5s (a causa di tre voti difformi dei pentastellati e di 7 assenze tra i 5 stelle e 2 tra le file della Lega) non sarebbero bastati ad evitare il processo al vicepremier sul caso Diciotti. Ed è stato solo grazie ai voti di senatori del gruppo Misto (tra cui alcuni ex M5s, che sin dall'inizio votano la fiducia al governo) e, soprattutto, del 'soccorso' di Forza Italia e FdI, che la vicenda Diciotti si è conclusa positivamente per il governo con 237 voti.
Fonti parlamentari, si diceva, oggi parlano di una forbice compresa fra i 164 e i 166 voti totali su cui può contare il governo al Senato. Voti che sarebbero così ripartiti: 104 sarebbero del Movimento 5 Stelle (sempre che i tre dissidenti Nugnes, Fattori e Manteo votino in linea con i grillini); altri 58 voti sono quelli della Lega. E ancora: ci sono da computare i due sottosegretari del Gruppo Misto, Cario e Merlo. Da verificare la posizione di 3 senatori ex M5s e di 4 delle autonomie.
La conta, poltrona per poltrona
Il fronte delle opposizioni può contare su 134 senatori che potrebbero diventare 140 se i senatori a vita dovessero votare tutti per la mozione del Pd. Nel dettaglio, i numeri delle opposizioni vedono 60 senatori di Forza Italia, 52 del Pd, 18 di Fratelli d'Italia, 4 del Misto-Leu e il voto di Emma Bonino.
Al netto di dati fisiologici come le assenze nei vari gruppi e le missioni per i componenti del governo, la maggioranza ha 'perso' alcuni pezzi dal giorno della prima fiducia al Senato, nel giorno dell'insediamento dell'esecutivo Conte, dove i voti a favore furono 171, grazie però ad alcuni senatori del Misto e a ex pentastellati. Va inoltre sottolineato che, in tempi più recenti, i numeri dei giallo-verdi sono andati oltre la soglia della maggioranza assoluta: 163 i voti a favore in occasione della fiducia sul dl sicurezza lo scorso novembre, 162 per lo "spazzacorrotti" a dicembre e 163 per la legge di Bilancio.
Per le opposizioni la maggioranza non c'è più
Dati su cui hanno insistito tutti gli esponenti dell'opposizione, al termine delle votazioni sulla sfiducia a Toninelli: "Il governo non ha piu' la maggioranza in Senato - ha dichiarato il capogruppo Pd Andrea Marcucci - A questo punto chiediamo al presidente Conte di venire a verificare i numeri a disposizione del Governo". Gli ha fatto eco l'omologa azzurra Annamaria Bernini, la quale ha osservato che "al Senato la maggioranza non ha più i numeri" e che "è la chiara dimostrazione delle difficoltà politiche di un governo ormai allo sbando".
Prima di loro, Ignazio La Russa, di FdI, aveva annunciato di voler proporre alla presidente del suo partito Giorgia Meloni una mozione di sfiducia per tutto l'esecutivo.