Ormai non è più solo una questione di punti di vista. Di opinioni o di principi. Quella tra Lega e 5 Stelle è una sfida aperta. Che si gioca a tutto campo. O con invasione di campo, ora da parte dell’una, ora da parte degli altri. È una battaglia per la supremazia. Politica, elettorale. Con il traguardo delle Europee del 26 maggio. E uno sguardo, forse, anche, all’egemonia culturale. Bisogna solo capire come si svilupperà.
La Repubblica segnala che “Salvini vuole Roma”. Punta al Campidoglio in aperta competizione con Raggi. Punta allo scranno più alto, rappresentativo e simbolico. “Di Maio, sfida sui porti chiusi” fa eco il Corriere della Sera quando da giorni, ormai, si prospetta una “fuga” di ameno 16 mila libici pronti per partire da Tripoli, capitale di un Paese in fiamme. Un incubo di carattere umanitario. E dalle cui colonne Di Maio con un’intervista manda dire a Salvini: “Sarebbe utile, indipendentemente dagli sviluppi in Libia, se convincesse Orbán e i suoi alleati in Europa ad accettare le quote di migranti che arrivano in Italia”.
“Salvini-Raggi, strappo su Roma” è il titolo de Il Messaggero che certifica la competizione che, come segnala Il Giornale, si riverbera anche oltre i confini politico-istituzionali, invadendo la cittadella Rai, specchio del Paese: “Botte al Tg1”, dove “si è sfiorato lo scontro fisico tra il direttore 5S e un vice”, “che stavano arrivando alle mani”. Dietro la lite ci sarebbe “l’invadenza dei 5 Stelle e la Lega che preme” (“Faide arrivate a un livello mai visto”).
Per dividere i 5 Stelle e la Lega, acuire contraddizioni e fratture, i tarli al lavoro non mancano. E, come segnala La Stampa, anche il centrodestra ha i suoi. Con Giorgia Meloni che lo lavora ai fianchi per “delegittimare l’alleanza” di governo e al tempo stesso “erodere voti agli alleati di Forza Italia” per rifondare la coalizione.
È un quadro complesso, tutto in movimento. Come in una partita a scacchi. Tra mosse e contromosse. Del resto è lo stesso Salvini a meravigliarsi di chi si meraviglia: “Perché vi stupite tanto? Su Roma è solo l’inizio, abbiamo appena cominciato” dice rivolgendosi ai dirigenti della Lega Lazio riuniti “fin lì in una anonima conferenza”. L’assalto leghista al Colle del Campidoglio viene respinto da Francesco Silvestri, “l’ufficiale di collegamento tra Virginia Raggi e il Movimento”, che in un’intervista a la Repubblica, dice: “I romani non sono stupidi. Si ricordano bene quello che la Lega ha fatto in questa città: dagli insulti all’apertura dei campi Rom con Maroni e Alemanno. La propaganda non passerà. (…) Con questi argomenti, con questi consiglieri? Temo che porterà le truppe fuori dal Raccordo....”. In un altro articolo, lo stesso giornale segnala la strategia di conquista della Lega nel voler “mettere radici nella capitale” attraverso una rete che mette insieme “sindacalisti di destra e ultracattolici” e che passa per “la palestra in cui si sono formati, l’Ugl”, il sindacato storico del vecchio Msi.
Sul continuo punzecchiamento tra i due partiti di governo, il vicepremier Di Maio nell’intervista al Corriere dice: “Quando lavoriamo sul contratto di governo lavoriamo bene. Io sono un uomo di parola e l’ho dimostrato. Poi non nego che ci sono delle differenze enormi tra il M5s e la Lega, ad esempio anche sul 25 Aprile. Per me la Liberazione è un giorno da ricordare, così come gli anni subito dopo. Fa parte della storia del nostro Paese, non possiamo fregarcene della nostra storia. Col menefreghismo non andiamo da nessuna parte”. Ma il continuo battibeccare con la Lega? “È un naturale confronto, tra due forze politiche diverse, l’importante è portare a casa i risultati. Io sono una persona pacifica, non mi piace discutere, preferisco lavorare con serenità” smorza nei toni.
Al di là delle schermaglie su ‘monnezza e città sporca, la strategia di Salvini, secondo Il Messaggero, guarda anche oltre: “Rispunta la proposta della città-regione autonoma che vuol fare diventare Roma come il Veneto e la Lombardia che sgomitano per emanciparsi dallo Stato centrale con la controversa legge Spacca-Italia. Introducendo nel ‘club’ anche la Capitale. (…) Ieri ha parlato di ridisegnare i confini della città e ha rilanciato anche l’indipendenza di Ostia, che secondo lui dovrebbe essere scorporata da Roma”. Quanto a Raggi, al quotidiano della capitale la Sindaca dichiara, minimizzando: “Lo ripeto: a me non interessa litigare. Quando mi incontro o mi sento con il ministro si dimostra disponibile. Collaborare è anche nel suo interesse. Le scaramucce fanno parte del gioco politico e mediatico. (…) Io voglio penare alla città e a una sana interlocuzione con il ministro dell’Interno”.
Ma quello di Salvini è solo un primo passo Per poi prendersi l’Italia intera, scrive Gad Lerner in un commento sulle colonne del quotidiano diretto da Carlo Verdelli. a Lega fondata il 12 aprile 1984 da Umberto Bossi, sua moglie Manuela e altri quattro amici nello studio del notaio Franca Bellorini di Varese allo scopo di separare il popolo lombardo dal predominio di ‘Roma ladrona’, trentacinque anni dopo lancia il guanto di sfida per conquistare il Campidoglio: passaggio fondamentale di un partito che, a immagine del suo uomo forte calato dal Nord sente ormai prossimo il momento di prendersi l’Italia intera”.
“E per quanto riguarda i grillini – seguita Lerner – la marcia su Roma di Salvini preannuncia loro l’uso che egli intende fare dei rapporti di forza nei confronti dei suoi alleati. (…) Di certo, in questo disegno egemonico di tumultuosa crescita dell’onda di destra, non ci sarà spazio per figure troppo esposte nella loro debolezza, come Virginia Raggi. (…) Resta da capire solo quanto esplicitamente la marcia su Roma di Salvini si appoggerà a CasaPound, Forza Nuova, Alemanno e le altre formazioni neofasciste che ne riconoscono la leadership. A tal proposito sarà interessante verificare nei prossimi giorni se Mario Borghezio, l’estremista-leghista inviato a Roma come tramite con queste formazioni — verrà ricandidato al Parlamento europeo” conclude il giornalista.
Sul conflitto Lega-5S, dalle colonne de La Stampa Marcello Sorgi osserva che “un effetto inevitabile del sistema proporzionale - la cosiddetta partitocrazia a cui l’Italia è tornata ad affidarsi dopo un quarto di secolo di maggioritario, bipolarismo, e governi scelti dagli elettori - è la conflittualità permanente tra partiti alleati, che mina la stabilità dei governi”.
“L’elenco delle occasioni di scontro è infinito, così che è impossibile stabilire da dove è partita questa sorta di guerra civile” prosegue l’ex direttore del quotidiano sabaudo, che aggiunge: “Si dirà che l’improvvisa svolta a sinistra del M5s, a partire dalle dichiarazioni di Di Maio a favore dei partigiani, è un modo scoperto di corteggiare l’elettorato che già nel 2013, e molto più l’anno scorso, si schierò con Di Maio, e adesso Zingaretti punta a riconquistare”. "Ma in entrambi i casi la scintilla che ha fatto scoccare le uscite del vicepremier e della sua ministra è partita da Salvini, e gli alleati prontamente ne hanno approfittato”.
“Tanto che è diventato inutile chiedersi fino a che punto le polemiche si spingeranno: si può dare per scontato che non si concluderanno certo il 26 maggio, data delle elezioni, ma andranno anche oltre, dato che la campagna elettorale è ormai permanente e nessuno può escludere che si tornerà a votare, se la legislatura dovesse interrompersi per esaurimento della fragile alleanza giallo-verde e impossibilità di trovare un’alternativa. A farne le spese, nel frattempo, è ovviamente il governo Conte: paralizzato anche di fronte a un’emergenza come la guerra in Libia e costretto da settimane a procedere con la prassi umiliante, quanto inutile, dei provvedimenti varati in consiglio dei ministri ‘salvo intese’” conclude Sorgi.