Nel quadro di un chiaro tira&molla politico (ed economico) sulle misure da prendere, che va in scena da giorni, la Repubblica lancia oggi un titolo-supplica rivolto al governo e ai suoi attori: “Smettetela di litigare”, dando rilievo e raccogliendo così anche le parole del ministro Tria che, nell’intervista allo stesso quotidiano, sembra appellarsi ai due partiti e ai due leader che formano la maggioranza, la quale “ha un grande capitale politico e, quindi, una grande responsabilità che deve mettere al servizio della crescita”. Un credito che “in nessun altro Paese c’è”.
Litigio che però, subito dopo, alla prima domanda dell’intervistatore, lo stesso ministro nega, rispondendo così: “Guardi, che partecipando all’attività di governo non si vive quello che si legge sui giornali. Nessuno mai, in Consiglio dei ministri, è venuto a dirmi le cose che leggo”. L’intervistatore allora insiste e si fa più esplicito nel riassume al ministro i termini della contesa: “Tria vada a fare il fornaio”, “Tria trovi il coraggio”, “Tria se ne deve andare”, “i dossier su familiari e collaboratori”. Cosa ne dice? Risposta del superministro economico: “Intanto il fornaio è un lavoro rispettabile. E poi è chiaro che ci sono pressioni sui politici e loro cercano di rispondere in qualche modo, anche con queste dichiarazioni”.
Di seguito Tria dà poi la sua versione sui rimborsi ai truffati dalle banche, per esemplificare: “I fatti sono che il Mef ha lavorato, si è raggiunto un accordo molto vantaggioso e positivo con la Commissione europea che consentirà di pagare tutti i truffati e di accelerare le procedure di pagamento, nel rispetto delle regole europee. Questo risultato è stato condiviso dal governo e oggi dalla stragrande maggioranza delle associazioni dei risparmiatori. Nel governo non c’è stato scontro”.
Sugli attacchi personali la narrazione del ministro è che lui non pensa “che quelli vengano da ambienti politici”. E così le dimissioni non le ha “mai pensate e mai minacciate“ anche perché “quando ci si dimette davvero lo si fa senza minacciarlo prima” e poi l’unica ragione per cui ci potrebbe pensare “è per andare un po’ in vacanza”. Muro di gomma.
Sul Def Tria conferma che “si tratta di una manovra complessa che dovrà toccare sia il lato delle entrate sia il lato delle spese” perché “alla base della crescita ci deve essere la stabilità finanziaria, quella sociale e quella politica”, perciò “l’importante è che ci sia una sintesi dei programmi e che alla fine il risultato porti alla crescita”. Anche se nel governo è “ovvio che ci siano, come si dice in gergo politico, ‘sensibilità diverse’, ma non è detto che queste sensibilità si oppongano alla crescita”.
Una sensibilità, quest’ultima, per averla anche “più inclusiva”, che “in Europa sentono tutti, a destra come a sinistra”. Ma sarà il 2019 un anno bellissimo come dice Conte? “Spero soprattutto che sia un anno in cui riprenda la fiducia nel Paese” taglia corto il ministro che sul finale confessa: “Non le ho detto affatto che tutto va bene. Le dico che dobbiamo lavorare perché vada meglio. E il mio lavoro, come ministro dell’Economia, è fare in modo che la sintesi politica sia non solo compatibile con i numeri del nostro bilancio, ma anche che configuri una politica economica coerente”.
A guardarla in modo un po’ più smaliziato, quello che si sta svolgendo intorno al Def, il documento di programmazione economico e finanziaria che dovrebbe essere approvato oggi, appare però più come un “balletto di parole”: “Probabilmente ci sarà un riferimento sia agli sgravi alle famiglie sia ai primi passi di una flat tax” è l’incipit di una cronaca di giornata del Corriere della Sera. “Lo promettono Luigi Di Maio e Matteo Salvini, per una volta d’accordo, in vista dell’approvazione oggi pomeriggio del Def, il Documento di economia e finanza che traccia le previsioni economiche del governo. Ma dal Mef arriva una frenata, all’insegna della prudenza finanziaria: anche se il Def è solo un documento programmatico, non lo si può caricare di troppe promesse, vista la delicatissima situazione economica e la congiuntura che attraversa il Paese”.
Ma sull’accordo tra Salvini e Di Maio ci sono disparità di vedute. Non è facile, infatti, capire chi vince e chi perde. Perché, di fatto, “il Def non contiene misure concrete, ma previsioni, forse anche così si spiega l’assenza di contrasti fra le due anime della maggioranza, cosa diversa sarà scrivere la legge finanziaria, in autunno” si legge ancora sul quotidiano di via Solferino. E poi più piani si intrecciano. Il titolo d’apertura, sempre del Corriere, la mette ad esempio in questo modo: “Flat tax, la frenata di Tria”, che però l’avrebbe spuntata sulla questione dei rimborsi ai truffati dalla banche: che saranno automatici per i redditi sotto i 35 mila euro. Cioè “ai meno abbienti”. Per Il Giornale, ad esempio, “il Governo approva i rimborsi ma è sparita la flat tax”, sulla quale per altro continua a vedere “uno scontro nel governo”, per poi titolare a tutta pagina: “Reddito di sudditanza”, in quanto “va tutto a Napoli e Sicilia”. Così punta il dito contro “le Fake news a 5 Stelle”.
Una visione, quest’ultima, opposta a quella de Il Fatto quotidiano, che per Ue e flat tax, titola “I bluff di Salvini”, addossandogli le colpe principali “di annunci senza fondi sul fisco”. Mentre Il Messaggero conferma la visione del Corriere: “Tria frena” e sulla flat tax vede in corso “una sfida” tra un Salvini, che tiene salda la sua posizione sulla “tassa piatta”, un Di Maio che apre all’ipotesi e il Tesoro che invece mette in guardia sui conti fuori controllo con il rischio di vedersi aprire una procedura di infrazione da parte della Ue. Il Sole 24 Ore, appare più appagato e sereno sul fatto che su banche e risparmio ci sono “Rimborsi non per tutti ma più facili”. Insomma, chi s’accontenta gode. Forse è quello de La Stampa il titolo che restituisce meglio la realtà dei fatti: “Tria vince sulle banche, ma Salvini e Di Maio gli impongono la flat tax”. Per una volta uniti.