Come la vecchia talpa di “marxiana memoria” che “scava e scava” nel solco della storia e della rivoluzione, Nicola Zingaretti nel suo primo giorno da neosegretario del Pd prova ad infilarsi come un cuneo nelle contraddizioni del governo pentastellato. Andando a Torino, “cuore nero” del Tav, per solidarizzare con il suo omologo Sergio Chiamparino, presidente del Piemonte, e per provare ad allargare il solco che separa M5s e Lega sull’alta velocità. E per dire che "è criminale perdere i milioni" che la Ue mette a disposizione per costruire e portare a termine l’opera, come riferisce La Stampa, rinunciando a "investimenti e lavoro".
E nell’intervista al quotidiano torinese, Zingaretti ribadisce: "Torino è diventata il simbolo di una regressione culturale. Da qui dobbiamo ripartire per ridare fiducia al Paese". Scelta per altro assai poco condivisa da Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana-Leu, che lo ha subito fulminato con l’accusa di “continuismo”: "Il fatto che venga annunciata come prima mossa da segretario l’andare ai cantieri della Tav per sbloccare quei lavori devo confessare che non mi pare un’eccellente notizia". Scricchiolii sinistri.
Una visita che avviene proprio alla vigilia del vertice di oggi del governo su questo tema tra il premier Conte e i due vice Salvini e Di Maio, come racconta con dovizia di ipotesi e particolari il Corriere della Sera: "Che questa mattina a Palazzo Chigi si metta una volta per tutte la parola fine all’affaire Tav è difficile. Però, qualcosa dovrà uscire dal vertice tra il premier Conte, i suoi due vice Di Maio e Salvini e il ministro Toninelli. I tempi dell’opera incombono e quelli delle Europee ancora di più. Il premier ha deciso di fare un passo avanti e di prendere in mano la gestione del dossier, provando a mediare tra le posizioni: “Troveremo una soluzione razionale e ragionevole".
I 5 stelle hanno poche carte per bloccare la Tav
Anche perché, racconta sempre il quotidiano di via Solferino, "I 5 Stelle sanno che hanno poche carte da giocare per bloccare davvero la Tav, senza un passo indietro di Salvini. Per far fronte alla possibile emorragia di voti alle Europee, Di Maio deve arrivarci con qualcosa di più in mano. Per questo, sta insistendo con la Lega perché accetti un basso profilo. Ai suoi dice parole che suonano anche come un avvertimento: “Siamo stati corretti finora con Salvini, gli abbiamo dato tante volte una mano. Ora mi aspetto che sia lui a fare un passo. Anche perché ci sono ancora tanti provvedimenti che la Lega vuole portare a casa, dalla legittima difesa all’autonomia". E in caso di dissidio, chissà. Salvini arriva al vertice "molto tranquillo, ma determinato nel vedere un passo avanti”. L’obiettivo di Conte è escogitare una sintesi, per quanto provvisoria, che consenta a entrambi di cantare vittoria. I 5 Stelle insisteranno per il tracciato alternativo del Frejus e per non dare il via libera ai bandi".
Questo aspetto della doppia sfida del “nuovo Pd” di Zingaretti (allargare le contraddizioni del governo e rilanciare il consenso popolare al suo partito) lo coglie bene la Repubblica in un colloquio con il neosegretario democratico e governatore del Lazio: "Sembra che abbia deciso che il tempo per infilarsi nelle difficoltà dell'esecutivo sovranista sia questo. Qui e ora. "In Italia - dice - c'è una situazione nuova: la Lega nazionalista di Salvini sta mettendo in crisi il Nord e la sua capacità di produrre. Di Maio si chiude nel bunker nella difesa dell'indifendibile. La fiducia nel Paese cala come cala la produzione, il fatturato e il lavoro. Le reazioni nelle piazze si moltiplicano". Quindi niente giochetti. Figuriamoci i discorsi su alleanze spurie con gli attuali governanti. C'è una telefonata con Giuseppe Conte, niente di più. E al vicepremier grillino che gli propone di votare il salario minimo garantito, Zingaretti risponde: "Niente furbizie"".
Un quadro politico in movimento
Il quadro politico da poche ore è decisamente in movimento. Lo sottolinea Antonio Polito in un editoriale sul Corriere, chiedendosi: "Ma ciò che è successo nei gazebo domenica può cambiare anche la vicenda politica del Paese? Forse sì. E non solo per l’ovvia considerazione che un’opposizione in salute fa bene all’intero sistema democratico. Karl Popper diceva che l’essenza della democrazia non è decidere “chi deve governare”, ma “come impedire che governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno”. Perfino Andreotti, quando gli chiesero che cosa avrebbe fatto se avesse potuto disporre di un potere assoluto, senza opposizioni, rispose: “Sicuramente qualche sciocchezza”. "Ma un Pd che si alza dal lettino dello psicanalista e torna a camminare può avere effetti anche più concreti. Può, per esempio, competere con i Cinque Stelle per il secondo posto alle prossime elezioni europee".
Lo spirito dell’iniziativa di Zingaretti che va subito a Torino, per mettere al centro il tema della Tav, la evidenzia Romano Prodi che in un’intervista al Corriere sottolinea: "La gente è delusa da questo governo. Quando non aumentano i consumi, ma crescono i risparmi, vuol dire che manca la fiducia. Un tempo chi aveva responsabilità si preoccupava del terzo dell’Italia escluso dallo sviluppo. Se si continua così gli esclusi arriveranno ai due terzi. Il problema è proprio questo: la spaccatura tra i pochi che hanno e i tanti che non hanno. Per il Pd questa è la grande sfida. D’altra parte il Pd è il più grande partito veramente nazionale che, in quanto tale, ha la possibilità di unificare l’Italia".
Il Fatto quotidiano e l'attacco a Zingaretti
Diversa invece la lettura che ne dà Il Fatto quotidiano, giornale più vicino all’anima dei 5 stelle e del Movimento anti-Tav, che così titola la cronaca della giornata: "Gli affari restano la priorità: l’omaggio di Zingaretti alla Tav". E in una nota di Giorgio Meletti, il quotidiano diretto da Marco Travaglio osserva che "quella di Zingaretti è una mossa tanto sbagliata quanto obbligata. Insieme alle elezioni europee arrivano il 26 maggio anche le regionali del Piemonte, per le quali il governatore piddino uscente Sergio Chiamparino ha affidato le speranze di rielezione alla propaganda Sì-Tav".
Insiste Il Fatto: "Lo scenario della campagna elettorale è fosco: il Pd rischia di rimanere schiacciato nella contesa tra i due alleati di governo, Luigi Di Maio che schiera un No-Tav a 24 carati come Giorgio Bertola, e Salvini che supporterà con la sua battaglia Sì-Tav il candidato del centrodestra, quasi certamente l’europarlamentare uscente di Forza Italia Alberto Cirio. I sondaggi dicono che per Chiamparino la strada è in salita, e Zingaretti non ha altra possibilità che soccorrerlo con le armi tradizionali (spuntate, direbbe Fratoianni) della narrazione Pd: “Sulla Tav si scontrano due visioni del futuro: una legata al progresso e una alla negazione del progresso”. Il rischio paradossale è di contrapporre al “prima gli italiani” di Salvini il malinconico “prima Chiamparino” del Pd.
Ma la posizione Sì-Tav di Zingaretti non è novità di oggi. Da quando è iniziato lo scontro nel governo, e mentre maturava la candidatura del governatore del Lazio a leader Pd, si sono moltiplicati i segnali a sostegno dell’oltranzismo Tav di Chiamparino. Zingaretti si è spinto fino ad accusare di scorrettezza la commissione guidata dall’economista Marco Ponti, twittando: “Lo studio costi/benefici su Tav è discutibile o manipolato da interessi politici”.
E ha poi imprudentemente chiamato in causa la storia patria: “L’Italia è bloccata da due partiti che pensano ai loro interessi e hanno bloccato investimenti e cantieri. Una cosa mai avvenuta nella storia della Repubblica”". Ma Il Fatto ripercorre invece la storia di ben altri precedenti, non prima di aver titolato l’apertura del giornale in questo modo: "Avvertite Zingaretti che Macron sul Tav non mette un euro".