Non è bastata la precisazione di Matteo Renzi sull'incontro con Romani di martedì scorso. L'ex premier ha bollato come bufala la tesi di voler costituire un soggetto politico con FI. Altra cosa è, invece, costruire in Parlamento, anche in prospettiva futura, una rete 'anti-sovranista. Ma nel Pd aumentano i sospetti sull'ex segretario e sulla sua tentazione di fare un proprio partito. "Il Pd non venga visto come una 'bad company'", la posizione di Zingaretti, espressa in più occasioni. Ma anche gli altri due candidati sono perplessi per le mosse dell'ex presidente del Consiglio. Sia per Martina che per Minniti, riferiscono fonti parlamentari dem, le manovre di Renzi alimentano confusione, danneggiano il Pd, concentrano l'attenzione di mass media ed elettori sul futuro di una singola persona e non sulla ricostruzione di una comunità.
Anche i fedelissimi dell'ex premier non nascondono dubbi sui comitati civici ma nessuno ovviamente prende le distanze. Tuttavia anche chi è più vicino all'ex premier non nasconde che Renzi non si straccerebbe le vesti qualora nessuno riesca a raggiungere il 51% alle primarie. Tra gli oppositori dell'ex segretario c'è chi è convinto che Renzi in realtà non voglia far partire 'una cosa nuova' per paura di un insuccesso; chi, invece, sostiene che in realtà in questo modo voglia fare pressioni su Minniti per imporre le sue condizioni in futuro. Ragionamenti respinti dai renziani secondo i quali Zingaretti e Martina temono più che altro di fare flop alle primarie.
Le colpe dei padri
Resta il fatto che nel Pd c'è fibrillazione a causa della volontà di Renzi di guardare nel campo del centrodestra. "Puntare al mondo berlusconiano è come mettere un dito nell'occhio del Pd", si lamenta un 'big' del Nazareno. Intanto i pentastellati, facendo riferimento ad un articolo della 'Verità', attaccano Renzi chiedendogli di rivolgere le sue scuse a Di Maio: "Siamo curiosi di sapere come adesso il Pd commenterà la vicenda venuta fuori sui lavoratori senza contratto gestiti da Matteo Renzi e suo padre, quando li mandavano a distribuire giornali a nero nella loro Firenze", si legge in una nota del Movimento.
Ieri mattina è arrivata subito la risposta di Tiziano Renzi: "Sostenere che il lavoro degli strilloni fosse un 'lavoro in nero per i Renzi e alle paghe ci pensava Matteo' è l'ennesima diffamazione. E dire che basterebbe conoscere le leggi per capire". Poi è intervenuto lo stesso ex presidente del Consiglio: "Ogni accostamento dei guai dei Di Maio alla mia famiglia fa fioccare le azioni civili per risarcimento danni".