SI torna a votare a Corleone, il comune in provincia di Palermo, che insieme a quello di Palazzo Adriano nell'agosto 2016 era stato sciolto per mafia. I cittadini sono chiamati a eleggere sindaco e consiglio comunali dei due paesi.
Fari accesi soprattutto sulla città che è stata di Totò Riina e di Bernardo Provenzano, nati e sepolti qui, ma che, in parte, dicono le tre commissarie, i giovani del posto e la Chiesa locale, è un storia finita.
Bisogna vigilare, ha avvertito il vescovo Michele Pennisi. "Vogliamo essere sentinelle", hanno assicurato i giovani. Qualcosa, rivendicano in tanti, è stato costruito: sul fronte della partecipazione, di una maggiore consapevolezza e di scelte amministrative, in un paese che negli anni scorsi era diventato anche tax free per i boss.
Così, 'per non dimenticare' e per capire che la cattura dei due padrini non ha cancellato Cosa nostra da queste parti, come ha dimostrato del resto lo scioglimento per infiltrazioni, è forse utile recuperare le ragioni di questo commissariamento ormai al capolinea.
Favori e affari, dalle tasse ai rifiuti
"Nel Comune di Corleone sono state riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che hanno compromesso la libera determinazione e l'imparzialità degli organi eletti nelle consultazioni amministrative del 6 e 7 maggio 2012, nonché il buon andamento dell'amministrazione ed il funzionamento dei servizi": lo scriveva il ministro dell'Interno del tempo nella relazione che esplicitava i motivi che hanno portato allo scioglimento il 10 agosto 2016. Si dava atto della "sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata e su forme di condizionamento".
'Sangue' e denaro
Documentata una contiguità tra esponenti della criminalità organizzata corleonese o tra persone ad essi vicine e gli amministratori comunali, "favorita da un fitto intreccio di legami parentali, da rapporti di frequentazione o da una comunanza di interessi economici".
Le attività connesse alla gestione del ciclo dei rifiuti sono quelle che suscitano maggiore interesse da parte della criminalità organizzata. Il comune di Corleone, "sfruttando le difficoltà incontrate dalla società incaricata della raccolta, ha garantito a società private, collegate a consorterie mafiose locali, lo svolgimento del servizio di raccolta rifiuti".
Dal febbraio 2015 è partita la gestione straordinaria del servizio disponendo interventi sussidiari attraverso noli affidati a due imprese, "di cui una riconducibile ad un soggetto vicino alla locale famiglia mafiosa".
Il comune di Corleone aveva inoltre esternalizzato il servizio di accertamento e riscossione dei tributi: è un fatto il calo di oltre 40 punti percentuali nella riscossione ordinaria dei tributi, che passa dal 73% al 25%: "Tra gli utenti morosi - spiegava il documento - vi sono esponenti della locale clan". Persino la difesa dell'amministrazione in tutti i contenziosi stragiudiziali "è stata affidata ad un avvocato legato da vincoli parentali con la famiglia mafiosa corleonese".
Le commissarie
"Il risveglio dell'attenzione dei giovani corleonesi lo consideriamo il vero successo di questo commissariamento. Saranno loro le sentinelle del futuro di Corleone", hanno detto le tre dipendenti del ministero dell'Interno che hanno gestito il Comune per due anni: Giovanna Termini, Rosanna Mallemi e Maria Cacciola. "Abbiamo provato a difendere la dignità di Corleone e dei corleonesi in ogni modo", hanno spiegato, "una difesa basata sui diritti e sui regolamenti, che non abbia bisogno di prevaricazioni. Corleone non è uno zoo, nè per i turisti in cerca di escursioni di mafia, nè per multinazionali alla ricerca di set pubblicitari per scimmiottare stanchi stereotipi".
La gestione del Comune è passata da scelte normali, ma non scontate da queste parti dove non ci sono più zone franche, neppure sulle tasse che i mafiosi prima non pagavano. Le commissarie hanno inoltre contribuito a dar vita a un marchio che identifica i prodotti di Corleone e hanno promosso un turismo che mette a sistema circuiti religiosi, beni confiscati e prodotti delle terre confiscate e affidate alle coop.
La chiesa, via il fango e basta furberie
La mafia, ha ragionato con Agi l'arcivescovo di Monreale Miche Pennisi, "non è scomparsa, anche se non domina più il territorio e non ha il consenso di prima. E' presente in maniera silente e c'è ancora una mentalità mafiosa. Non bisogna, dunque, abbassare la guardia". Ma è un fatto, che "Corleone sta cambiando, a partire dai giovani. Alla marcia della legalità hanno preso parte questa volta tutte le componenti ecclesiali, i sindacati, le associazioni, senza riserve e senza paura di manifestare".
Una rete di resistenza. I giovani come "angeli del fango" entrati in azione nella drammatica ondata di maltempo. Per Pennisi un simbolo: "Oltre al fango fisico, c'è questo fango, quello della mafia, che ha sporcato Corleone e che stiamo insieme spalando via". Riguardo alle elezioni, la Chiesa "vuole rimanere al di sopra delle parti", ma indica le priorità "che sono i giovani e il lavoro e i valori di una cittadinanza attiva, responsabile, solidale. Basta furberie - è il monito - è tempo dell'impegno di tutti per il bene comune".