Per capire quanto il Partito Democratico abbia un problema di leadership basterebbe gettare uno sguardo sui profili social dei suoi candidati alla segreteria. Su Facebook, tra i grandi partiti, il Pd è infatti l’unico ad avere una guida che ha meno seguaci della realtà politica che dirige. I numeri di Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, Luigi Di Maio, Giorgia Meloni sono tutti di gran lunga superiori a quelli della Lega, di Forza Italia, del MoVimento 5 Stelle e di Fratelli d’Italia. Non si può dire lo stesso di Maurizio Martina, reggente degli ultimi mesi, e dei candidati alla sua successione che sui social manifestano una comunicazione “vecchio stampo” e poco allineata alla fase storica che stiamo vivendo. Non si sta dicendo che questo sia un male, è più che ovvio, ma che una scelta del genere comporta inevitabilmente delle conseguenze che sono visibili nei numeri. Insomma, siamo lontani dal popolo social che aveva attirato a sé Matteo Renzi durante la sua ascesa politica.
Tirando le somme potremmo asserire che il social di riferimento del Pd è Twitter. Parliamo di una piattaforma se non di nicchia certamente più limitata nel numero degli iscritti rispetto ad altre, diffusa tra gli addetti ai lavori e i giornalisti, tra coloro che vogliono essere costantemente informati su quello che succede nel mondo e che vogliono capire più che tifare. La grande difficoltà del Pd, di contro, rimane Facebook, il social più diffuso e più utilizzato dalla gente comune. Quello dal quale Salvini e Di Maio, per fare due esempi, traggono linfa per la loro comunicazione e che serve per far circolare dottrine, programmi, teorie. Per andare all’attacco e per difendersi dalle accuse. Spesso in diretta video e con un linguaggio amicale e totalmente informale. Quello, per essere più concreti, che punta direttamente a solleticare la pancia dell’elettorato.
Nicola Zingaretti, il più efficace
Se le primarie si giocassero sui social non ci sarebbe alcuna partita. Il governatore del Lazio è l’unico che possiede numeri interessanti e una strategia chiara. Misurato sia nel linguaggio che nel numero complessivo dei contenuti, ha scelto una narrazione che varia per tipologia (foto, video, link e meme) ma non nel messaggio finale. I suoi post raccontano la sua vita politica, il suo impegno, il suo programma e la sua visione del partito e del Paese. La sua vita privata resta, in generale, quasi del tutto fuori dalla sua comunicazione social. Niente piatti di pasta, corsette all’alba o foto di tramonti, per intenderci. Non sorprende che questa natura molto informativa abbia un discreto successo su Twitter che registra numeri superiori a Facebook. Su Instagram, sono pochissime le foto in cui non compare personalmente all’interno di una strategia che intende valorizzare gli incontri fatti sul territorio o durante eventi o kermesse.
- Facebook 235.000
- Twitter 388.000
- Instagram 22.600
Marco Minniti, l’assente
Se dovessimo compilare una pagella, prenderebbe un bel “senza voto”. L’ex ministro dell’Interno, infatti, non ha mai affidato ai social la sua comunicazione pubblica. Non ha nessun profilo ufficiale su Facebook, Twitter e Instagram. Una scelta in controtendenza che non facilita certamente il suo rapporto con il popolo del web. Cosa farebbe in caso di vittoria? Sarebbe disposto, obbligato, ad aprirli? Si affiderebbe ai profili esistenti del Partito Democratico? L’ultimo caso, in questo senso, è stato quello del ministro Bussetti.
- Facebook /
- Twitter /
- Instagram /
Matteo Richetti, l’empatico
Potremmo dire che la sua linea social non si discosta troppo da quella di Zingaretti e, come vedremo, da altri candidati. In proporzione, però, i numeri premiano maggiormente la sua linea su Instagram dove, oltre alla comunicazione politica, Richetti ha scelto un linguaggio più empatico con foto più spontanee e volte a raccontare una sfera più intima della sua vita. Tra tutti è quello più capace di adattarsi a un linguaggio più semplice e che prova a sperimentare nuove forme di interazione con i suoi fan.
- Facebook 43.383
- Twitter 37.300
- Instagram 10.800
Francesco Boccia, il più #
Anche in questo caso la linea social non si discosta troppo dai suoi predecessori. Tante foto “in giro”, tra la gente e in luoghi simbolo dell’Italia come a rispondere a una chiara esigenza dei propri elettori. Su Twitter è il più continuo nel mettere in evidenza, via hashtag, il messaggio cardine della sua campagna per la segreteria: “a porte aperte”. Come negli altri casi, insomma, si osserva una certa pulizia e coerenza nei contenuti pubblicati ma, contemporaneamente, una certa distanza dal popolo della rete testimoniata dai numeri.
- Facebook 43.988
- Twitter 31.500
- Instagram 7448
Dario Corallo, il rimandato
Se vi aspettavate qualcosa di più dall’unico trentenne in pista, la delusione è forte. Corallo, asceso alle cronache negli ultimi giorni per lo scambio di battute con Roberto Burioni, non ha una pagina facebook ufficiale. Ha un profilo aperto, seguito da poco più di 5 mila persone, dove pubblica i suoi status, video e foto. Un po’ poco per qualcuno che aspira a diventare segretario del principale partito di opposizione. Anche su Twitter e su Instagram è difficile intravedere uno stile di racconto o una strategia di comunicazione. I numeri sono risibili e i profili non verificati. Una persona comune, forse troppo.
- Facebook / profilo personale
- Twitter 1696
- Instagram 1129
Cesare Damiano, l’austero
Anche nella comunicazione di Damiano è Twitter a registrare i risultati migliori. Si spiega facilmente dai contenuti postati, dalla natura prettamente informativa. Permane, soprattutto su Facebook, una certa distanza e forse una mancanza di quella empatia, talvolta esagerata ma efficace, che oggi decreta il successo di una pagina appartenente a una figura politica.
- Facebook 7.215
- Twitter 17.800
- Instagram 453
Maurizio Martina, fuori classifica
Non è, a oggi, candidato per la segreteria ma i mesi scorsi di grande visibilità sono serviti a Martina per migliorare certamente il suo rapporto con i social. I numeri, in questi mesi, sono cresciuti visibilmente e anche la comunicazione dell’ex Ministro si è fatta più aggressiva e diretta. Senza però mai eccedere e tenendo una certa coerenza. Non è un caso, però, che anche in questo caso sia Twitter a farla da padrona con Facebook e Instagram rimasti indietro, almeno nei numeri.
- Facebook 86.000
- Twitter 219.000
- Instagram 12.700
Una tendenza in casa Pd che nessuno riesce, per ora, a invertire.