Ancora tutti fermi ai blocchi di partenza. La corsa alla segreteria del Pd è sempre più fatta di annunci mai perfezionati, tatticismi e studio delle mosse degli avversari. Nessuno rompe il canapo che potrebbe far scattare una competizione dura e fulminea come il Palio di Siena.
Minniti sì, ma solo al 51 percento
Marco Minniti non scioglie la riserva, così come non la scioglie Maurizio Martina ma la sensazione è che il congresso del Pd sia ormai partito e che i candidati effettivamente sul campo siano di più rispetto ai soli Nicola Zingaretti, Francesco Boccia e Cesare Damiano. L’ex ministro dell'Interno oggi scala un alto “gradino” verso l’ufficializzazione della sua discesa in campo. “Mi candido al 51 per cento”, dice, trasformando il suo forse in qualcosa di più. “Perché scegliere me e non Zingaretti? Non è una competizione dell’uno sull’altro”, argomenta intervistato su Rai 2.
Martina ci pensa ancora, e allora ecco Gentiloni
Per quanto riguarda il segretario dimissionario del Pd, fonti parlamentari riferiscono di "pressioni trasversali" che starebbe ricevendo Martina perché, è il ragionamento che viene offerto, la sua presenza potrebbe evitare la polarizzazione del congresso ed evitare la spaccatura nel Pd. Per la stessa ragione nelle ultime ore si sarebbe tornati a guardare a Paolo Gentiloni come candidato unitario. Una ipotesi ancora tutta da verificare anche perché al momento mancherebbe la disponibilità dell'ex presidente del Consiglio. Un meccanismo pe riportare in campo Gentiloni sarebbe quello del ticket con Zingaretti.
Il presidente della Regione Lazio - al momento unico candidato - non esclude l'idea pur considerandola prematura e prosegue la sua campagna giocata molto sul territorio, con le iniziative di Piazza Grande, e sui mezzi di informazione. In una intervista fa il punto, fra l'altro, sul suo programma economico fatto di investimenti in infrastrutture e di commissari alla "spending" senza "review".
Zingaretti attaccato dai renziani
Al quotidiano La Stampa Zingaretti spiega che punterebbe su tre commissari con nomi come Cantone, Pignatone e De Raho per favorire e vigilare sugli investimenti in grandi opere. Parole che provocano la reazione del capogruppo Pd in commissione Bilancio alla Camera, il renziano Luigi Marattin. "Da Zingaretti una idea bislacca di spending review". A Marattin risponde il consigliere Pd a Roma Giovanni Zannola: "Zingaretti vuole sbloccare le opere pubbliche e e propone per gioco di ricorrere a tre magistrati in qualità di commissari per la spesa e non per la revisione della spesa". Da Salsomaggiore, dove ha riunito i suoi, Renzi continua invece a non intervenire nelle vicende che riguardano il congresso.
L’ex presidente del Consiglio si prepara a parlare, ma ha già fatto sapere di voler continuare in questa sorta di “silenzio stampa” preferendo disegnare l'Italia che sarà da qui al 2030.