Nuovo stop, a Palazzo Madama, all'esame del decreto sicurezza, in attesa che la maggioranza decida se porre o meno la fiducia. La nuova richiesta di sospensione è arrivata dal sottosegretario all'Interno Nicola Molteni, presente per il governo in Aula a inizio seduta. Poco dopo aver terminato la propria replica, Molteni a chiesto alla Presidenza di aggiornare i lavori alle 13 "per consentire all'esecutivo la presentazione di un emendamento". Un'iniziativa che ha immediatamente scatenato le proteste delle opposizioni, dopo che nella seduta di ieri pomeriggio era stato il relatore del provvedimento, Stefano Borghesi, a far mettere ai voti e approvare dall'Aula la proposta di non passare all'esame degli emendamenti, aggiornando i lavori a stamani. La motivazione, in questo caso, è stata di consentire all'esecutivo "ulteriori approfondimenti".
La senatrice Leu, e capogruppo del Misto, Loredana De Petris ha parlato di "un'Aula in ostaggio, in attesa di capire come i due contraenti del contratto di governo vogliono uscire da questa situazione". Prima di lei avevano preso la parola i rappresentanti del Pd, Luigi Zanda, che aveva chiesto "rispetto per il Parlamento", e di Forza Italia, Lucio Malan, che aveva ironizzato sull'attesa di "manine o vocine" da Palazzo Chigi per uscire dall'impasse.
Un'impasse, quella sul dl sicurezza, legata allo scioglimento, sul fronte della maggioranza, di alcuni nodi politici relativi non solo a questo provvedimento. Lo scoglio principale al via libera definitivo appare infatti quello della riforma della prescrizione reclamata da M5s e dell'emendamento presentato dai grillini al disegno di legge anticorruzione, su cui la Lega ha più volte detto di non essere d'accordo.
Dal governo si fa filtrare ottimismo, e ieri sera la questione è stata sul tavolo di un incontro tra il premier Giuseppe Conte, di ritorno dall'Algeria, e il Guardasigilli, Alfonso Bonafede. Decisivo però sarà il vertice con i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio - attesi al rientro rispettivamente dal Ghana e dalla Cina - previsto tra stasera e domani mattina. Sul dl sicurezza, però, il leader leghista, che dovrebbe presenziare ai lavori in Aula al Senato non appena rientrato in Italia, stamani in collegamento telefonico dall'Africa ha assicurato che il provvedimento, "passerà oggi".
Cosa faranno i frondisti Cinque stelle?
I dubbi riguardano inoltre il comportamento dei quattro senatori "ribelli" del M5s, guidati da Gregorio De Falco, che hanno espresso la loro contrarietà alla versione attuale del decreto sicurezza. Cosa accadrà in caso di voto di fiducia? "Chi si esprime contro rischia, in teoria, la sanzione massima: cartellino rosso, processo, espulsione. E dunque, dopo tanto dichiarare e minacciare, forse l’unica via d’uscita sarà imboccare la porta dell’Aula. «Uno accuserà un mal di testa e un altro dovrà correre al bagno — prevede un cinquestelle allineato e coperto — Ma alla fine, vedrete, i voti persi non arriveranno a dieci», scrive il Corriere, ricordando che "Luigi Di Maio è preoccupato e ha ragione di esserlo, visto che al Senato la maggioranza sulla carta è di sei voti appena e, tra i suoi, più d’uno era pronto ad approvare a voto segreto emendamenti delle opposizioni."
"Molti pentastellati ritengono indigeribili le riforme della Lega e il gruppo del M5S rischia di perdere pezzi", prosegue il quotidiano, "Elena Fattori, la biologa che è un po’ la pasionaria degli ortodossi contrari al dl sicurezza, giudica la minaccia di espellere i dissidenti un segnale di debolezza". Anche De Falco e Nugnes, che inizialmente sembrava determinata a votare contro, sembrano rassegnarsi a uscire dall'Aula in caso di fiducia.
Cosa prevede il decreto?
"Sul fronte immigrazione, il decreto prevede il raddoppio dei tempi di trattenimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio: da 90 a 180 giorni; l'abrogazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari sostituiti con permessi per meriti civili o per cure mediche o se il Paese di origine vive una calamità naturale", ricorda Repubblica, "il dl Salvini prevede, inoltre, l'ampliamento dei reati che provocano la revoca del permesso di rifugiato (violenza sessuale, spaccio di droga, violenza a pubblico ufficiale); la revoca della protezione umanitaria ai cosiddetti 'profughi vacanzieri'; l'esclusione del gratuito patrocinio nei casi in cui il ricorso è dichiarato improcedibile o inammissibile: le spese processuali non saranno più a carico dello Stato".