Voltare pagina, cambiare strada: sono due espressioni utilizzate da Nicola Zingaretti nel discorso che ha chiuso la prima sessione di lavori di Piazza Grande, kermesse che lo lancia nella competizione congressuale Pd. Un discorso improntato a una radicale discontinuità con l'era renziana, come dimostra anche l'accenno alla necessità di superare i personalismi e la logica che ha privilegiato "la fedeltà sulla lealta'".
"L'Italia che non funziona genera malessere"
Il governatore del Lazio, al secondo mandato dopo l'esperienza alla presidenza della Provincia di Roma, gioca sul terreno che conosce di più, quello delle problematiche legate ai territori: 13 miliardi di tagli di trasferimenti agli enti locali, dice, sono già troppi, "il governo non si azzardi a tagliare un solo euro di più". Parole che fanno presa su una platea composta per lo più da sindaci, assessori, consiglieri comunali e regionali. "Nel corso degli anni sono scomparsi dai trasferimenti agli enti locali 13 miliardi di euro: meno corse degli autobus, meno servizi alla persona, meno innovazione. E quando la politica l'antipolitica sfrutta quella rabbia delle persone e la trasforma in protesta", spiega il governatore. È in momenti come questo, dunque che tornano al centro per aggredire due temi: eliminare la causa dell'incertezza" e, dunque, "sbrogliare la matassa" della burocrazia "perché l'Italia che non funziona genera il malessere per il diritto non riconosciuto". In secondo luogo c'è "un gigantesco tema di sostenibilità delle risorse: tutti sanno che dentro la manovra mancano 15 miliardi di investimenti. saranno quindi gli amministratori a dire al governo: non vi azzardate a tagliare neanche un euro di trasferimenti agli enti locali". Il passaggio piu' atteso, tuttavia, è quello sul Partito Democratico.
In platea Martina. "Sono qui per ascoltare"
Accanto a Zingaretti, seduto in platea, c'è il segretario dem, Maurizio Martina. "Sono qui per ascoltare, per chiedere unità e apertura", ha sottolineato Martina aggiungendo che "serve una battaglia dura contro questa destra che è il vero avversario da battere. Chiedo a tutti di portare al Pd e al centrosinistra idee, energie, uno sforzo unitario e una apertura". In questo senso "la pluralità di candidature" che si profila al prossimo congresso, "sono una ricchezza". Un riferimento all'imminente discesa in campo di Marco Minniti, candidato sostenuto da buona parte dell'area dell'ex segretario Matteo Renzi e vero competitor di Zingaretti.
Il sì di Minniti potrebbe arrivare oggi, magari anche per 'oscurare' l'impatto mediatico della kermesse del presidente del Lazio. Zingaretti non sembra accusare il colpo e prosegue dritto sulla linea della discontinuità con il recente passato: "In questi anni si è cercata non la lealtà, ma la fedeltà, per troppo tempo le differenze interne hanno significato liti e rotture anzichè costituire una risorsa. È per questo che oggi ci ritroviamo al governo la peggiore destra d'Europa". "Noi - conclude - non vogliamo continuare sulla strada che ci ha portato a fallire. Noi vogliamo cambiare strada, costruire finalmente una nuova speranza per il Paese".