Il governo si è impegnato a istituire un tavolo tecnico sulla sperimentazione della tecnologia blockchain alle elezioni. Accogliendo un ordine del giorno del presidente della commissione Affari costituzionali Giuseppe Brescia (M5s), l’11 ottobre è cominciato l’iter che porterà le istituzioni a sperimentare nuove forme di voto attraverso l’uso della tecnologia blockchain. Per Brescia si è trattato di una “grande vittoria” e “un enorme passo avanti verso una democrazia sempre più inclusiva”.
Fino a qualche mese fa il termine blockchain era stato confinato ad esperti e giornalisti di settore. Una tecnologia complessa che nasce come protocollo che muove e garantisce sicurezza a Bitcoin, ma che presto ha fatto capire che le sue applicazioni potrebbero essere infinite. Di blockchain ne sono nate tante quante sono le criptovalute in circolazione, qualche migliaio. Muove dal principio di superamento delle terze parti, quelle che garantiscono l’ufficialità o la correttezza di una transazione: come le banche per quelle di denaro, un notaio per un atto di compravendita, o di un presidente di seggio per la validazione di un voto (qui Agi ha dedicato un lungo articolo a come funziona questa tecnologia).
Oggi però blockchain è diventato un termine molto usato da autorevoli esponenti del governo per spiegare come queste tecnologie possono ammodernare le istituzioni, la filiera del made in Italy, gli organi dello Stato, la salute pubblica. Il ministero dello Sviluppo economico il 28 settembre ha pubblicato un avviso in cui annunciava la selezione di 30 esperti di blockchain per istituire un gruppo di lavoro e studiarne le possibili applicazioni. Ieri invece l’approvazione dell’ordine del giorno di Brescia ha dato il via al tavolo tecnico per l’uso di questa tecnologia durante il voto per l’elezione dei rappresentanti dei cittadini. Ne abbiamo parlato con Brescia, 35 anni, deputato barese alla sua seconda legislatura.
Onorevole, da dove nasce l'interesse del Movimento per la blockchain?
"Da tempo il Movimento 5 Stelle promuove la conoscenza e l’utilizzo di questa tecnologia. Ci appassiona molto la sua caratteristica partecipativa e decentralizzata, il fatto che ogni utente di una catena possa aggiungere un pezzo di informazione e scambiare e generare valore. Il nostro interesse è innanzitutto una sfida culturale in un Paese che ha abbracciato il cambiamento, ma ancora resiste alle innovazioni. Nella Nota di Aggiornamento al Def 2018 (Documento di economia e finanza, ndr), discussa questa settimana in Parlamento, la tecnologia blockchain trova piena cittadinanza e si indicano come campi di applicazione la riconoscibilità e tracciabilità dei prodotti Made in Italy e l’avvio della disintermediazione attraverso gli smart contract. Un primo passo concreto che potrà coinvolgere anche la sanità e la pubblica amministrazione, non più solo la finanza come accaduto coi bitcoin".
Ha spiegato che blockchain vuol dire più partecipazione, e legate questa tecnologia a quella del voto online. Questo vuol dire che nel prossimo futuro gli italiani voteranno anche a distanza su una piattaforma online basata su questa tecnologia e controllata dal governo?
"Con l’atto accolto ieri (giovedì 11 ottobre, ndr) dal governo in aula alla Camera, abbiamo avviato un percorso che ci porterà a procedure elettorali innovative. Le elezioni in Italia sono un rito e come tale una tradizione immutabile. Noi crediamo che l’archiviazione e la trasmissione dei dati possa avvenire con tecnologia blockchain, non solo per una questione di dematerializzazione. Quanto al voto, sì, credo senza timore che si possa lavorare per il voto a distanza. Lo Stato ha il dovere di proporre soluzioni ai milioni di italiani che non vanno alle urne semplicemente perché lontani dal luogo di residenza. Possiamo fare tre cose: continuare a non vedere il problema e non combattere l’astensione, continuare a costringerli a lunghi viaggi in cambio di un rimborso o pensare alla tecnologia come soluzione e permettere loro di votare nella città in cui vivono con sistema blockchain. Questo è il primo step da raggiungere. Il voto da casa è una frontiera, ma non vorrei che trasformasse tutto in un miraggio".
Dire però che sarà un sistema che darà nuovamente fiducia agli elettori non implica che finora la mancanza di fiducia è giustificata?
"Quando parliamo di fiducia ci riferiamo innanzitutto alla fiducia online. Molto spesso alcune innovazioni hanno fallito perché non sono state in grado di generare fiducia e quindi adesione al cambiamento proposto. All’inizio, ad esempio c’era molta diffidenza sugli acquisti online, oggi invece l’e-commerce registra una crescita a due cifre. Ci vuole tempo. In Estonia si vota da più di 10 anni con il voto elettronico. Nel 2005 erano il 2% a votare online, l’anno scorso più del 30%. Se l’Italia non inizierà a sperimentare pensando che tutto vada bene così com’è non farà molti passi in avanti e non creerà nessun meccanismo di fiducia. Anche per questo abbiamo voluto indicare una soluzione di metodo più che di merito: avviamo un tavolo tecnico tra le istituzioni competenti per individuare soluzioni che non intacchino i diritti. Alla politica spetta solo indicare la direzione".
Le ultime elezioni con un sistema blockchain si sono avute in Sierra Leone. Il sistema sembra aver funzionato, ma lo hanno fatto sviluppare ad una startup svizzera. Voi prevedete di potervi affidare a startup del settore o sapete già che gestirete tutto a livello centrale?
"Ogni discussione su questo è prematura, ma la priorità è che il sistema scelto garantisca ciò che c’è scritto nella Costituzione: il voto è libero, uguale, personale e segreto. Sicuramente bisognerà guardare alle esperienze in Giappone e Brasile. Anche lì si pensa a una blockchain utile per la democrazia, come il voto in consultazioni pubbliche o la promozione di petizioni".
Al ministero dell'Istruzione è stato presentato un progetto per il riconoscimento dei titoli dei rifugiati, basato su blockchain. Di cosa si tratta?
"È un progetto promosso dal viceministro Fioramonti che ho molto apprezzato, vista anche la mia sensibilità sui temi dell’immigrazione. Grazie alla blockchain e alla collaborazione Miur-Cimea, i cittadini rifugiati avranno la possibilità di ricostruire il proprio percorso di formazione e di vedere riconosciute le proprie competenze non solo in Italia ma in tutti i Paesi che utilizzano la rete. È come se la tecnologia gettasse un ponte abilitante nella vita di ogni persona tra il destino che si è lasciato alle spalle per necessità e quello abbracciato per continuare a vivere e realizzarsi. Ho letto anche che alcune università italiane stanno sperimentando o direttamente adottando la tecnologia blockchain per la certificazione dei curriculum accademici. Più si parlerà di blockchain applicata, dei suoi effetti e impatti concreti, più si diffonderà la consapevolezza verso le opportunità ancora dischiuse".
Twitter: @arcangeloroc
Nota. In seguito ad alcune segnalazioni arrivate via Twitter, che abbiamo verificato, precisiamo che la notizia delle elezioni in Sierra Leone tramite blockchain uscita lo scorso febbraio, sebbene ripresa dai quotidiani di tutto il mondo, in seguito è stata smentita e la società ha detto di non aver mai portato a termine l'esperimento. L'autore dell'intervista si scusa con i lettori per non aver tenuto conto del seguito della vicenda. Al momento l'applicazione di questa tecnologia alle elezioni rimane in fase sperimentale e molto discussa.