Nicola Zingaretti si prepara a lanciare la sua candidatura alla segreteria del Pd. Lo fa a suo modo, con piccoli passi studiati nei minimi dettagli, per tentare di non incrinare i fragili equilibri interni al partito. Dopo un'estate silente, spesa tra famiglia e incontri con i fedelissimi per preparare le ultime mosse, il 52enne governatore del Lazio mercoledì prossimo interverrà alla festa nazionale del partito a Ravenna. Proprio da quel palco, Zingaretti potrebbe scoprire le sue carte.
Del resto, già l'invito lanciato oggi ad una sua convention che si terrà a Roma il 6 e 7 ottobre, in una sede ancora da definire, per far uscire il Pd "dall'irrilevanza", chiedendo ai partecipanti di portare "passione, idee e fiducia nell'altro", lascia pochi dubbi sul suo imminente passo verso la candidatura. A inizio agosto il governatore ha chiuso la partita relativa alla stabilità della sua maggioranza in Consiglio regionale, dove il voto di marzo gli aveva regalato la vittoria ma non un numero di seggi sufficiente a governare senza ricorrere alla sponda delle opposizioni. Dopo quattro mesi di dialogo sui temi, soprattutto con il gruppo M5S, con l'assegnazione delle ultime cariche interne all'Aula il Pd è riuscito a trovare due consiglieri del gruppo Misto disposti a sostenere la maggioranza. Così, archiviata per adesso la pratica della stabilità del parlamentino laziale, Zingaretti è ora piu' libero di dedicarsi anche al partito.
Nel suo lungo intervento di oggi su Huffington Post il governatore non nomina mai la sua formazione politica, dalle cui beghe di corrente si è a lungo tenuto distante rifugiandosi nel suo profilo istituzionale di amministratore locale. Ma negli ultimi mesi, nelle interviste che preannunciavano la sua possibile candidatura, ha sempre tratteggiato il profilo di un partito plurale, che torni a parlare con il suo popolo e con le formazioni più a sinistra, diverso insomma dall'imprinting più 'personalistico' impresso da Matteo Renzi negli ultimi anni.
Quale Pd immagina Zingaretti
Zingaretti immagina una formazione aperta, che torni a guardare alle sue radici, dalla sinistra alla dottrina sociale cattolica, sul modello della maggioranza eterogenea che attualmente lo sostiene in Regione, che spazia da Sinistra Italiana ai movimenti per il diritto all'abitare fino ai Radicali Italiani e alla Comunità di Sant'Egidio. Il tentativo, insomma, di quella sintesi tra formazioni politiche, associazionismo e società civile, che ha costellato la decennale attività politica del governatore, partita negli anni Ottanta con i movimenti dell'antimafia sociale. "Ora basta, possiamo continuare a lamentarci, dividerci, isolarci fino alla disillusione, all'irrilevanza, oppure possiamo decidere di guardare all'avvenire come al territorio della speranza, della solidarietà, delle opportunità per tutti", scrive Zingaretti. Che poi attacca l'esecutivo Lega-M5s: "Hanno trasformato il governo di un grande Paese in un'agenzia del dilettantismo e del rancore. Parlano una lingua gonfia di odio e di isterismo, che inganna i cittadini, disprezza gli avversari politici, irride la scienza".
Una delle incognite iniziali nel suo tentativo di scalata al partito potrebbe essere l'assenza di 'truppe' organizzate. Al di fuori di Roma, la sua città - dove il Pd vive una stagione difficile, tra una opposizione dai risultati modesti alla giunta M5S di Virginia Raggi e liti perenni tra le correnti - al momento Zingaretti non dispone di una riserva di parlamentari e capi cordata pronti ad affiancarlo. Fattore però che, in una fase politica caratterizzata da un voto molto mobile e dalla fuga dal correntismo, potrebbe rivelarsi un punto a vantaggio.