Questa volta è rottura vera? Non lo sappiamo. Sicuramente il caso Foa (ma anche le schermaglie sul decreto Dignità) hanno portato le tensioni tra Lega e Forza Italia a livelli mai visti da quando, con la nascita del governo gialloverde, il centrodestra si è diviso in maggioranza e opposizione, pur continuando a governare insieme a livello locale. Ma anche Forza Italia è divisa al suo interno. Tra chi si sente sempre più distante dal Carroccio sovranista e guarda a una riedizione del patto del Nazareno con il Pd e chi invece punta al listone unico di centrodestra, come il governatore della Liguria, Giovanni Toti. Per questo Salvini, in privato, aveva attribuito a "parte di Forza Italia" il no alla nomina di Marcello Foa alla presidenza della Rai, no che ha fatto mancare i voti necessari in Commissione di Vigilanza. L'altra parte, invece, guarda a via Bellerio. Tanto che diversi parlamentari azzurri avrebbero cercato di traslocare tra le file della Lega, un esodo che Salvini, nel nome della lealtà verso l'alleato, aveva sempre cercato di bloccare. La novità, secondo un retroscena del Corriere, è che adesso non sarà più così.
Per il vicepremier è "tradimento"
"Sulla carta il centrodestra «esisterà sempre», come testimoniano tante giunte regionali e comunali e come ha messo nero su bianco Silvio Berlusconi a sera, intervistato da Huffington Post", scrive il quotidiano, "Matteo Salvini però è furibondo, grida al «tradimento» e minaccia un’opa ostile su Forza Italia: «Fino a oggi ho lavorato per fermare la migrazione di parlamentari e consiglieri che sono attratti da noi. Ma adesso devo prendere atto che Forza Italia sta col Pd». Nell’anatema del leader del Carroccio c’è il clima della giornata più tesa nei rapporti tra gli storici alleati".
L'incontro di ieri al San Raffaele, che pure era stato definito "cordiale", "è stata la scintilla che ha innescato lo scontro", prosegue il Corriere, "il vicepremier, dopo aver ammesso «un problema di metodo» e promesso di porvi rimedio, era uscito convinto di aver incassato il via libera dell’alleato sul nome di Marcello Foa. Dopodiché, stando alle ricostruzioni dei leghisti, in Forza Italia «è scoppiata la rivolta dei Tajani boys», che avrebbe innescato il ripensamento di Berlusconi". Orgoglio azzurro o meno, il ruolo subordinato di Forza Italia all'interno della coalizione è però dettato dai numeri.
Ancora stallo in cda
Foa, da parte sua, mantiene un basso profilo e afferma di essere occupato a coordinare i lavori "come consigliere anziano" in attesa di indicazioni dell'azionista. La tentazione di Salvini potrebbe però essere quella di far proseguire lo stallo fino a settembre, lasciando che delle nomine di direttori di rete e tg si occupi un cda diretto da Foa, appunto in qualità di consigliere anziano. Nel cda neanche oggi si è riusciti a venire fuori dalla situazione determinatasi con il voto negativo della commissione di Vigilanza sulla nomina di Foa. Nomina che in precedenza era stata approvata dallo stesso Cda ma che poi necessita del via libera di almeno i due terzi dei componenti della commissione parlamentare bicamerale, cioè almeno 26 voti favorevoli. Che ieri mattina non ci sono stati, perché per Foa hanno votato in 22. E questa mattina c'è stato chi - come il consigliere Rita Borioni - ha proposto agli altri componenti del Cda di indicare un nuovo nome per la presidenza Rai, sottolineando che questo è compito esclusivo proprio dell'organo di amministrazione del servizio pubblico. Ma la risposta della maggioranza dei consiglieri è stata negativa, e non è stata accolta questa proposta. A quanto si è appreso, pare che più d'uno abbia fatto rilevare che qualunque nome fosse venuto fuori non sarebbe ratificato poi in Vigilanza.
Quella dell'indicazione del presidente da parte del Cda è però una prerogativa fissata per legge, che non può essere elusa e che va al di là del fatto che il governo attraverso l'azionista di riferimento Rai, cioè il Mef, indichi due dei sette consiglieri. E come per il presidente, anche per l'amministratore delegato è compito del Cda nominarlo tra i propri componenti, come è avvenuto - a maggioranza - per Fabrizio Salini. Per la figura dell'ad non si deve però passare per la Vigilanza, la nomina diventa subito efficace. Tanto è vero che Salini è già al lavoro sui vari dossier aperti del servizio pubblico.
Allo stato quindi c'è la posizione di Marcello Foa che in quanto consigliere anziano continua a presiedere i lavori del Cda ed anche a fissare l'ordine del giorno, ma solo per la gestione strettamente ordinaria, anche in virtù delle novità introdotte con la legge del 2015, e cioè la figura del presidente di garanzia. Che può anche coincidere con il consigliere anziano ma senza che questi poi operi automaticamente come presidente in quanto appunto consigliere anziano. Ma proprio questa coincidenza sembra tentare la Lega e spingerla a prendere tempo, ovvero considerare di fatto Foa presidente della Rai. A prescindere da come la Vigilanza si sia pronunciata. E su questo fronte le polemiche e le critiche dell'opposizione sono già sostenute.