Lascia il palco del Sum di Ivrea trionfante, dopo essersi guadagnato il merito di aver acceso per primo la platea che lo ha interrotto più volte con applausi. Come quando ha duramente sferzato la sinistra "demofobica" colpevole di essersi venduta al "turbo capitalismo apolide", o aver parlato di "rivoluzione delle masse pauperizzate". "Ne sono davvero convinto, il futuro è loro", spiega ad Agi Diego Fusaro, classe 1983, 'allievo indipendente di Marx', da qualche anno diventato volto popolare in televisione. Anche senza microfono o telecamere parla in quella che definisce la "veterolingua", un italiano arcaico, "sono fiero di farlo". Ma a Ivrea tocca parlare di politica. A cominciare dal nemico numero uno di Fusaro: il Pd.
Sul palco ha espresso critiche durissime alla sinistra nel giorno in cui Di Maio su Repubblica ha aperto al Pd. Un caso?
"Ho fatto fin troppo poco. La sinistra è irrecuperabile, irredimibile. Oggi a sinistra salvo solo Marco Rizzo. Il Pd, ma anche Liberi e uguali, sono i partiti che rappresentano la mondializzazione capitalista, esattamente il contrario che rappresentare le masse proletarizzate. Il nemico è questo Pd".
Nemico anche dei 5 stelle?
"Assolutamente".
Cosa non le piace del Pd?
"Non fa quello che dovrebbe fare un partito di sinistra. Per rifondarsi la sinistra dovrebbe mettere al centro il lavoro e smetterla di parlare solo di temi futili come il femminismo, l'animalismo, la cultura gender, gli omosessuali, i vegani. Un partito di sinistra deve rappresentare i lavoratori non occuparsi di queste cose qui".
Cosa la infastidisce della sinistra che si occupa di questi temi?
"Che è effetto della metamorfosi kafkiana subita dalle sinistre negli ultimi anni, che hanno accettato totalmente il libero mercato, scambiando la libertà con la liberalizzazione e l'emancipazione con l'individualismo radicale. Sono diventate, come già ipotizzava Pasolini, un partito radicale di massa. E infatti si alleano con la Bonino mica per caso".
Chi è oggi dalla parte dei lavoratori?
"Potrebbe essere il Movimento 5 stelle. Ma oggi è a un bivio secondo me: potrebbe diventare il partito dei lavoratori o può diventare un Pd 2.0. Io spero nella prima ipotesi ovviamente. Ma lo capiremo presto, nei prossimi mesi con la formazione del nuovo governo".
Con chi si dovrebbe alleare?
"L'alleanza con la Lega è la più plausibile e auspicabile. A differenza del Pd o di Forza Italia non è un partito che rappresenta le istanze dell'aristocrazia finanziaria mondialista, anzi è fieramente populiste".
Non vede contraddizione proponendo un'alleanza con un partito schiettamente di destra?
"La Lega difende gli interessi nazionali, ed è auspicabile in questo momento. Non si possono difendere i lavoratori se si difendono bandiere come più mercato e più globalizzazione, non si aiutano le classi sfruttate con politiche che aiutano le oligarchie finanziarie del globalismo".
Però la Lega vuole la flat-tax.
"La flat-tax è un errore madornale. È l'anticamera alle privatizzazioni. Un tema di cui Salvini dovrebbe liberarsi il prima possibile. Quello è il vero punto dolente di tutto il programma della Lega. Per fortuna nel loro programma c'è dell'altro, come la difesa degli interessi nazionali e un atteggiamento diverso con l'Europa. La flat tax è un abominio".
Come è successo che la sinistra ha smesso di rappresentare i lavoratori?
"È successo che dopo il '68 per le sinistre la libertà non più l'emancipazione marxiana delle classi lavoratrici ma è diventata la liberalizzazione individuale degli stili, dei costumi e dei consumi. Per cui, paradossalmente, la libertà è diventata la libertà dello spinello, la libertà del matrimonio omosessuale, e non le importa più della lotta all'imperialismo, o di Lenin, o delle lotte per l'emancipazione delle masse.".
Se la libertà non è quella dei costumi e dell'individuo del '68, cos'è la libertà?
"La libertà è una relazione sociale. È un rapporto tra individui ugualmente liberi all'interno di uno spazio della comunità. Si è liberi se si è tutti liberi, non è una proprietà individuale che riguarda i costumi o le abitudini. Hegel diceva che nelle società dispotiche nemmeno il despota è libero, perché non ha nessuno con cui esercitare la sua libertà".
Parlando la 'veterolingua' e citando 'lo Hegel' e 'Aristotile' intanto si è ritagliato un discreto spazio in televisione, dove parla anche di turbocapitalismo e proletariato che sembravano parole scomparse dai mezzi di comunicazione di massa. C'è un calcolo dietro?
"È una strategia. Ce l'ha insegnata Pasolini: tu devi andare in televisione perché se non vai tu quel posto lo occupa qualcun altro. In tv certo non puoi dire tutto, però puoi segnalare che esisti. E poi la gente leggerà i libri, seguirà le reti sociali, verrà alle tue conferenze. Crei egemonia".
E la battaglia sull'italiano?
"Nella lingua, nelle lingue, è custodita la storia dei popoli. Ogni volta che lo parli richiami in vita la storia del tuo popolo. Se tu perdi la tua lingua perdi anche la tua radice, diventi senza identità. Ecco perché bisogna tornare a parlare le lingue nazionali e in Italia tornare a parlare quella che io chiamo la veterolingua italica contro la neolingua globalista e americanocentrica. È una battaglia di civiltà per le cose che reclamano di essere chiamate con il proprio nome".
Da fare anche in programmi ironici come La Zanzara?
"L'importante è non abbassare il proprio livello. Per me è importante occupare gli spazi del dibattito pubblico con i mieti temi, le mie tesi, la mia lingua. È una scelta mirata e calibrata. E comunque credo di mantenere sempre la mia compostezza e parlare sempre la mia veterolingua in tutti i contesti. È questo che fa sorridere alcuni. Ma i medievali dicevano che il riso abbonda sulla bocca degli stolti".