Luigi Di Maio rivolge un appello al Pd con il risultato di spaccare i dem. Ma il segretario reggente, Maurizio Martina, non raccoglie il ramoscello d'ulivo e chiarisce: "La nostra linea non cambia". Parole nette che arrivano dopo il riconoscimento del leader dem di una "autocritica" da parte del capo politico pentastellato, che però non è sufficiente, in quanto "restano delle ambiguità". Di Maio, tuttavia, preferisce guardare il bicchiere mezzo pieno e legge le parole del segretario come "un passo avanti".
L'offerta di pace ai dem crea contraccolpi anche sull'altro fronte: "Governo Di Maio-Renzi, governo 5 Stelle-Pd? Mamma mia...", commenta sui social Matteo Salvini, mettendo subito in chiaro: "Sto facendo e farò tutto il possibile per cambiare questo Paese, con coerenza, serietà e onestà, ascoltando tutti. Una cosa è certa: o nasce un governo serio, per ridare lavoro, sicurezza e speranza all'Italia, oppure si tornerà a votare, e noi stravinciamo". E Di Maio replica duro: "Noi siamo al lavoro per una maggioranza di governo per trovare soluzioni ai cittadini. Vediamo che ci sono delle evoluzioni negli altri movimenti" e "sono consapevole che Salvini sappia che al Quirinale o ci vai con il 17 per cento o con il 37, comunque non fai il 51 per cento".
Ma è soprattutto in casa dem che l'appello di Di Maio crea scossoni, a due settimane dall'Assemblea nazionale che dovrebbe eleggere il nuovo segretario: i renziani chiudono ad ogni possibilità di confronto con i 5 stelle, mentre sia Dario Franceschini che Andrea Orlando aprono spiragli, seppur con sfumature diverse e mostrando molta cautela. Anche l'area che fa riferimento a Michele Emiliano chiede di non chiudere al dialogo.
Cosa ha detto Matteo Renzi
Lo scontro interno al Pd si consuma prevalentemente via social. Il primo ad intervenire è Matteo Renzi che smentisce un retroscena in cui viene dato in avvicinamento verso i 5 stelle. Quindi osserva: "La politica italiana da un mese è ferma al chiacchiericcio, agli accordi, ai retroscena inventati". Subito dopo parte il fuoco di fila dei fedelissimi: "Gli appelli di Di Maio sono imbarazzanti. In prima battuta per lui, per le sue patetiche giravolte", afferma il capogruppo dem al Senato, Andrea Marcucci. E il vicepresidente della Camera, Ettore Rosato, assicura: "Il nostro essere alternativi a Salvini e Di Maio non è un capriccio di qualche dirigente ma l'essenza del nostro essere partito di governo, ma non per qualsiasi governo".
Anche il presidente del Pd, Matteo Orfini, chiude la porta: "Siamo alternativi al M5s per cultura politica, programmi e visione sul futuro del paese. Non sarà certo un appello strumentale a cancellare tutto questo". Ma Dario Franceschini invita alla calma e alla riflessione, stigmatizzando le parole dei colleghi: "Di fronte alle novità politiche dell'intervista di Di Maio serve riflettere e tenere comunque unito il Pd nella risposta. L'opposto di quanto sta accadendo: rispondiamo affrettatamente e ci dividiamo tra noi. Fermiamoci e ricominciamo".
Anche Andrea Orlando mostra prudenza: "Mi pare che non si siano prodotti fatti che determinino una situazione completamente diversa ma è giusto valutarlo e discuterlo insieme. Riflettere in una fase così convulsa è sempre utile, magari per arrivare alle stesse conclusioni". Quindi, il leader della minoranza dem 'sposa' le parole di Martina che, tra l'altro, invita all'unità del partito: "Per me oggi più che mai il tema rilanciare uniti il Pd, basta conte e divisioni".
Anche Matteo Richetti, promotore di una iniziativa a Roma, chiede una tregua interna, pur senza nascondere i problemi e invitando il partito a "rimettersi in piedi cambiando le logiche" che hanno prevalso finora: "Non mi piace quando non abbiamo un atteggiamento di responsabilità, quando diciamo 'ora godiamoci i pop corn', quando non ci interroghiamo su tutto ciò che è possibile fare per il paese e la finiamo con scaricarci le responsabilità l'uno sull'altro", afferma dal palco, invitando la platea a fare un caloroso applauso a Renzi. Richetti non scioglie la riserva sulla sua possibile candidatura alla guida del Pd, ma chiede che non ci si limiti all'Assemblea nazionale del 21 aprile, bensì si facciano le "primarie aperte, unico modo di legittimare e dare forza al partito".
Quanto a Di Maio, l'esponente dem osserva: "Possiamo giocare sul tema della disponibilità al governo, ma il punto di fondo è: io non ho capito al governo per fare cosa. Io ho capito cosa vuol fare Salvini: abolire la legge Fornero, legittima difesa e flat tax. Salvini almeno è chiaro, puoi non essere d'accordo ma è chiaro su cosa vuole fare, ma i 5 stelle invece cosa vogliono fare?". Che serva un momento di riflessione è chiaro anche a Lorenzo Guerini, che 'bacchetta' i botta e risposta dem sui social e esorta a discutere nelle sedi opportune: "Twitter non mi sembra il luogo ideale per una riflessione unitaria e non affrettata. Io resto all'antica: circoli, direzione, gruppi parlamentari".