Lo scontro interno al Partito democratico tra vecchia guardia renziana e non renziani, sta trovando in queste ore un nuovo terreno di scontro: l'aut aut dei grillini sulle presidenze di Camera e Senato segna un punto a favore degli oltranzisti che, nel Partito Democratico, non vogliono saperne di trattative sul governo. Matteo Renzi, ieri a Palazzo Madama è tornato a ironizzare con quanti gli chiedevano del tentativo del M5s di pescare tra i voti dem: "guardate i numeri... Per un governo con M5s servirebbe il 93% dei voti del Pd e io penso che piu' del 7% non ci stara'". Nonostante questo, dall'altra parte del fronte interno dem, viene riferito, c'è chi ancora guarda al M5s o, quantomeno, invita a non demonizzare i pentastellati. Ed è anche per questo che, mentre si consuma lo strappo sugli uffici di presidenza della due Camere, i renziani alzano il tiro parlando di "atteggiamento volgare e anti democratico" del M5s arrivando a minacciare di restare fuori dagli uffici di presidenza. "Domani ci riuniremo", viene riferito, "esprimeremo tre nostri candidati - uno per la vice presidenza, un questore e un segretario - e quelli voteremo". Una strategia che alcuni esponenti della minoranza definiscono "perdente", auspicando invece che si faccia di tutto per esprimere almeno un rappresentante, fosse anche un segretario.
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L'esperimento del Lazio
Tra chi vorrebbe lasciare una porta aperta ai Cinque Stelle non sfugge nemmeno quanto avviene in Regione Lazio: il governatore del Pd, Nicola Zingaretti, sta incontrando le opposizioni alla ricerca di una maggioranza stabile in consiglio regionale. Ieri è stato il il turno di Roberta Lombardi che, lasciando il palazzo di via Colombo, ha annunciato di voler concedere un "periodo di prova" alla Giunta, non sostenendo la mozione di sfiducia annunciata da Sergio Pirozzi. "Non e' un appoggio esterno", viene commentato da alcuni non renziani, "ma poco ci manca. E potrebbe essere uno schema che potrebbe essere replicato a livello nazionale". In serata, quando è ormai chiaro che in Senato l'ufficio di presidenza non avrà esponenti delle opposizioni, anche il segretario reggente Maurizio Martina, considerato uomo del dialogo e della mediazione dentro e fuori il partito, pone la "questione democratica" della rappresentanza delle opposizioni. Poco dopo fa sapere che il Pd non parteciperà agli incontri programmati dal M5s con le altre forze per trovare il modo di far partire il nuovo esecutivo. Infine è un comunicato congiunto dei neo capigruppo di Camera e Senato, Graziano Delrio e Andrea Marcucci, a fissare la linea: il Pd farà "opposizione responsabile" perché è il ruolo che gli hanno attribuito gli elettori con il voto del 4 marzo. Questo, "ovviamente ascoltando con attenzione il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella".
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