Un Occidente al tramonto, una Tradizione da riscoprire, tanti nemici assoluti da combattere soprattutto nel nome dell’appartenenza ad una ortodossia: c’è una forte continuità tra il Salvini che ieri ha criticato la decisione dell’Ue di fare il muso duro con la Russia, quello che mostrava il rosario e il Vangelo in un comizio preelettorale, quello che riceve l’endorsement di Steve Bannon. Anzi: non c’è nessuna discrepanza, anche se a prima vista criticare l’Ue nel nome dei valori dell’identità e vedere in Putin quasi una figura protettiva sono atteggiamenti che possono confondere. Quanto poi al Vangelo ed al rosario, che i vertici della Conferenza Episcopale se ne risentano è qualcosa a cui rispondere, più o meno, con un’alzata di spalle.
Eppure, per l’appunto, un metodo c’è, dietro tanta apparente confusione. Lo stesso Salvini lo lascia capire nello stesso momento in cui, nel respingere l’idea dell’espulsione dall’Italia di un paio di diplomatici russi per il caso Skripal, ha sottolineato come il vero pericolo sarebbe l’Islam terrorista. Anche qui; cosa c’entra una cosa con l’altra? C’entra, quasi a livello consustanziale. Almeno a seguire il filo di un certo ragionamento. Quello che Steve Bannon, ex stratega vicino al cuore di Trump, usa per ordire la sua rete di contatti che lo ha portato dalle nostre parti e lo ha spinto a vedersi, l’8 marzo scorso, a Milano con il leader leghista.
Leggi anche: Salvini e Bannon, tutta la storia
Non è stato certo il primo viaggio italiano di Bannon, e forse nemmeno il più importante. Quello che segnò uno spartiacque ebbe luogo nel 2014, e lo vide presentarsi addirittura in Vaticano per partecipare ad una conferenza di opinionisti e pensatori non esattamente schierati con il nuovo corso di papa Francesco. “Siamo fuori della carreggiata”, affermò, “la nostra è una crisi della Chiesa, della fede, dell’Occidente e del capitalismo”.
Insomma, come esattamente un secolo fa, quando Oswald Sprengler spianava il terreno alla destra europea teorizzando il tramonto dell’Ovest. Solo che questa volta c’è Vladimir Putin a comprendere quali siano i pericoli dell’espansione islamica e la necessità di rafforzare l’identità e la tradizione di ciascuno, e “noi dobbiamo davvero prestare attenzione a quello che Putin dice”. Leader dell’Eurasia, propugnatore di una “Unione Paneuropea” che ben poco ha da spartire con l’Unione di Bruxelles.
Un vero e proprio programma politico. Con un ultimo particolare: in quel discorso Bannon citò, e non per criticarlo, persino Julius Evola, che teorizzava la rivolta contro il mondo moderno e le sue democrazie frutto dell’indebolimento delle identità dei figli del Sole.
Salvini non ha mai citato Evola, però a Mosca è andato diverse volte e non da ieri sono noti i suoi rapporti con la leadership russa. Non è certo l’unico in Italia, tantomeno in Europa: colpisce che tra i paesi dell’Ue che non hanno voluto aderire alla politica delle espulsioni dei diplomatici russi vi sia l’Austria, dove la destra al potere ha i suoi interlocutori privilegiati tra le parti del Cremlino.
Intanto si sta dimostrando essere il miglior interlocutore del sovranismo europeo. A differenza però degli inglesi dello Ukip, anche loro amici di Bannon, sarà chiamato ad assumersi tra qualche tempo responsabilità di governo. A differenza della destra austriaca, con rispetto parlando, dovrà farllo in un Paese che storicamente è uno dei pilastri dell’Unione Europea e della Nato. Atlantismo ed europeismo sono i due cardini della politica estera italiana fin dal 1945, e nessuno ha osato metterli in discussione. Almeno finora. Un cambiamento di rotta difficilmente passerà senza essere notato dalle parti di Washington e di Bruxelles.