"Penso alla Spd che ha costruito alcuni passaggi chiave con la partecipazione diretta degli iscritti", ha detto venerdì Maurizio Martina a Repubblica. Su questo passaggio del segretario reggente del Pd si sta discutendo molto: da più parti si ipotizza infatti che questo ritorno alla "democrazia diretta" degli iscritti possa essere presagio per una possibile apertura del partito ad un governo con il Movimento 5 stelle.
Infatti il partito socialdemocratico tedesco, l'Spd, il mese scorso ha sottoposto ai suoi tesserati la decisione politicamente più delicata: sostenere una nuova grande coalizione con Angela Merkel. Il risultato è stato del 66% a favore. D'altro canto va detto che la consultazione della base in questi casi non è escluda dal regolamento dem. Come ricorda oggi Il Fatto Quotidiano in edicola che nel testo c'è scritto, nell'articolo 27, comma 2 che: "È indetto un referendum interno qualora ne facciano richiesta il segretario nazionale (che oggi è proprio Martina, ndr) ovvero la Direzione nazionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti, ovvero il trenta percento dei componenti dell'assemblea nazionale, ovvero il cinque percento degli iscritti al partito democratico". E potrebbe trattarsi anche di un referendum per questioni di carattere consultivo o deliberativo.
Va detto che nell'intervista a Repubblica Martina ha specificato che il Pd non è intenzionato a fare alleanze con nessuno, né con i 5 stelle né con il centro destra. "È chiaro che per il Pd il prossimo passaggio chiave potrebbe essere quello sul governo", scrive Huffington Post. "È il nodo sul quale il partito potrebbe anche dividersi: non serve la sfera di cristallo, basta sentire gli umori nel partito per capirlo. Perché per ora i dem sono tutti vincolati al documento approvato quasi all'unanimità (astenuti solo i 7 dell'area Emiliano) in Direzione nazionale solo lunedì scorso: il Pd sta all'opposizione, recita il documento e lo stesso Martina ripete la formula a Repubblica".
Il direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio sabato 17 marzo dedica l'intero suo editoriale alla questione. Dal titolo si capisce la sua posizione: "Fate votare i militanti". Tra le sue ragioni, quella al quinto punto riassume meglio il suo pensiero: "I vertici dell'Spd non pensavano di essere stati votati per stare all'opposizione. E, nel dubbio, l'hanno chiesto direttamente ai 463 mila tesserati nel referendum postale che si è tenuto proprio il 4 marzo [...] Che aspetta Martina a parlare con Di Maio, a buttar giù 5 o 10 punti da realizzare insieme e poi a farli votare dagli iscritti o dal popolo delle primarie?".
Martina, pur ribadendo la contrarietà ad alleanze, ha parlato di "partecipazione" e "democrazia diretta" sulle decisioni. E ha aperto a una prospettiva diversa rispetto a quella tracciata da Renzi dopo la sconfitta del 4 marzo: "Si aprirebbe come minimo una discussione", scrive l'Huffington Post. Quella parte di partito "che sta cercando di liberarsi definitivamente da Renzi sta ragionando in questa direzione. A piccoli passi e senza fanfare, con l'idea di recuperare la vecchia idea di partito (e chissà in quest'ottica le primarie aperte che fine farebbero, ma questa è un'altra storia, di là da venire)".