Doveva passare inosservato, indenne, sottile e silenzioso. E invece si è scatenata una bufera sul finanziamento di tre milioni di euro - uno all'anno per tre anni - alla società IsiameD, che dovrebbe digitalizzare il made in Italy.
La norma, nascosta nelle pieghe della manovra che ha appena avuto il via libera dal Parlamento, era sconosciuta al ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, ed è passata con un emendamento presentato da un senatore di Ala, il gruppo di Denis Verdini, e poi però fatto proprio dal capogruppo Pd in commissione Bilancio. La notizia uscita su Agi.it ha innescato il dibattito, polemico, che ora si sposta sui social.
Su Facebook è Mario Calderini, professore ordinario presso il Politecnico di Milano, a chiedere spiegazioni direttamente agli esponenti politici: al deputato Stefano Quintarelli (ex Scelta Civica, ora nel gruppo Misto), a quelli del Partito democratico Paola Bragantini e Andrea Giorgis e ai senatori dem Stefano Esposito e Magda Zanoni.
Calderini scrive: "Andrea Giorgis, Stefano Esposito Paola Bragantini mi aiutate ad avere da Magda Zanoni una spiegazione del perché in legge di stabilità c'è un emendamento, promosso da Ala ma da lei modificato, che assegna tre milioni di euro a una società di informatica che solo da qualche mese si occupa di digitale senza alcuna forma di evidenza pubblica? Nel frattempo ho provato a capire chi ha dato parere favorevole nel governo ma al momento l'ipotesi più attendibile sono gli alieni".
Quintarelli risponde: "Regalo di Natale a Verdini". Il dem Esposito replica senza eufemismi: "Una marchetta necessaria ad avere i voti per approvare la manovra. Quando non hai i numeri subisci il ricatto dei piccoli gruppi. Per questo sono sempre stato un successo sostenitore del maggioritario. Vedrai con il proporzionale che spettacolo". E subito dopo, in nome della realpolitik, suggerisce ai suoi interlocutori virtuali: "Non fare mai politica perché da millenni questa è la politica". E ancora: "Il Senato romano era così. Basta fare gli indignati".
A quel punto riprende a scrivere Quintarelli che se la prende con il Pd e si rivolge così al collega dem Esposito: "Io penso che il problema non sia la marchetta a Verdini necessaria per ragion di stato per fare approvare la manovra (ma era davvero necessaria?). Comunque, anche lo fosse stata, se si fosse inserita in un contesto di N cose positive a favore dello sviluppo del digitale in Italia, una marchetta - senza indignarsi - può essere accettata. Il problema è che non abbiamo trovato i soldi per le strutture per supportare la transizione digitale della PA (che il buon Paolo Coppola spiega, dalla esperienza della Commissione di inchiesta, avrebbe aiutato a spendere meglio ed ottenere risultati.. che non è stato approvato l'emendamento a favore del cloud e dell'insegnamento dell'informatica nelle scuole, che non è stato approvato l'emendamento per la organizzazione della spesa ict della PA (emendamento che non costava; perché pare ci piaccia continuare a spendere a ore uomo, al massimo ribasso), e potrei continuare... Lo sviluppo dell'ICT italico è stato negletto in questa come nelle precedenti leggi di stabilità e l'unica traccia che c'è è una marchetta. Ecco, secondo me è questo il problema. E la responsabilità non è dei peones parlamentari di buona volontà, ma del partito. Decidi tu se dei vertici, di quali vertici, della struttura, o semplicemente del fatto che a nessuno di quei livelli interessa approfondire il tema, in realtà, al di là della mano di bianco che ci si dà per ammantarsi di modernità e di qualche photo opportunity".
Poi, in un post scriptum conclude: "E questa trascuratezza è un grave errore politico, segno di un partito che non capisce che il Paese è più avanti dei suoi leader politici e dei media che li rappresentano, se è vero come è vero che i documentari su intelligenza artificiale, crittografia, ecc. fanno più audience in seconda serata che non un segretario di partito a Porta a Porta".