È nata una stella a sinistra. Le dimissioni di Pietro Grasso dal gruppo Pd del Senato, ma soprattutto i motivi per cui ha sbattuto la porta, hanno proiettato il presidente del Senato in poche ore alla ribalta non più solo istituzionale ma anche politica. E fanno già sognare chi in quella sinistra un po’ disorientata sta cercando di mettere ordine ma anche tremare chi nel Pd aveva sperato in un dialogo sereno con i fuoriusciti capitanati da Pierluigi Bersani e Roberto Speranza. Grasso ha trattenuto il respiro fino al varo della riforma elettorale, ma poche ore dopo il sì ottenuto da governo e maggioranza con cinque voti di fiducia, si è tolto un macigno dalla scarpa: ha lasciato quel partito che, cinque anni fa lo aveva candidato per poi portarlo, alla prima legislatura, alla guida della seconda istituzione della Repubblica.
Mdp spera ma non mette fretta al presidente
Una marcia di allontanamento cominciata da tempo, già maturata a settembre quando aveva partecipato alla festa di Mdp e aveva ricordato di essere “un ragazzo di sinistra”. La spiegazione è giunta dopo poche ore in modo ufficiale: la scelta del Pd di far porre dal governo la fiducia sul Rosatellum è stata considerata una “violenza” fatta alle istituzioni e sia “nel merito che nel metodo” di molti provvedimenti messi in cantiere dai dem il Presidente del Senato non si riconosce più.
Ora si apre una pagina nuova. Non subito sarà tutto chiaro: il ruolo istituzionale che ancora ricopre e che continuerà a ricoprire fino alla fine della legislatura impone a Grasso di non fare scelte politiche di parte, tanto più mentre proprio a palazzo Madama si vota la manovra economica. E Mdp non mette fretta, chiede che si mantenga il silenzio e il massimo rispetto. Ma i segnali ci sono tutti: sempre a Napoli il presidente aveva detto di attendere qualcuno che mettesse in campo un “progetto visionario” e nel suo primo commento all’uscita di Grasso dal Pd Speranza ha assicurato che Mdp è impegnato proprio “a dar vita a quel progetto visionario”. Una corrispondenza di amorosi sensi che sembra forte quanto i proverbiali tre indizi che costituiscono una prova. E per aggiungere un altro indizio, venerdì mattina sia Grasso che Speranza si sono incrociati a un convegno sulla corruzione in politica: un incontro occasionale ma che è servito a scambiarsi un primo saluto.
Tra pochi giorni si vota in Sicilia
A leccarsi le ferite, nonostante i primi moti di apparente indifferenza e il richiamo di Matteo Renzi al massimo rispetto per l’istituzione, c’è il Pd. Walter Veltroni lo dice chiaro e tondo: "Mi dispiace che Grasso sia uscito dal Pd. Il Partito democratico è stato ideato e costruito per persone come lui. Speriamo di ritrovarci uniti". E fuori dalle parole misurate del primo segretario dem, ci pensano alcuni deputati in Transatlantico a spiegare i malumori verso quei vertici del partito che non hanno evitato questa fuoriuscita: “Questo ci fa male, non è un parlamentare qualunque. Perdere Grasso, a cui avevamo chiesto in ginocchio di correre per noi in Sicilia, non ci aiuterà certo nell’ultima settimana di campagna elettorale in Sicilia. E comunque, per il suo standing di campione dell’antimafia e per il suo profilo di sinistra, ha un peso che può valere più di quello di altri scissionisti”. E non basta a placare gli animi di chi vede nuove macerie, il richiamo del segretario dem al voto utile.
Insomma, mentre nel Pd si apre un’altra ferita, mentre Mdp si prepara ad attendere con calma il momento in cui deciderà che ruolo proporre a Grasso, fino a ipotizzare la candidatura a premier, il presidente del Senato procede con i piedi di piombo, attento a crearsi le migliori condizioni per un nuovo futuro in politica: anche per questo, pur avendo detto che non avrebbe il Rosatellum, non lo ha definito incostituzionale, evitando così di creare problemi a chi, Sergio Mattarella, lo dovrà firmare tra poche ore.