Gli ‘head hunter’ della politica italiana avevano cominciato la ricerca già da diverse settimane. Un Emmanuel Macron italiano, in grado di battere la minaccia populista, di superare la proposta dei vecchi partiri ma con una chiave in grado di unificare e convincere gli indecisi, quello zoccolo duro di non votanti per sfiducia preventiva. L’identikit, anche oggi, a poche ore dal trionfo del centrista trentanovenne divenuto presidente francese, è quello di Matteo Renzi. Fu proprio Macron a dirsi di essersi ispirato al segretario Pd ed ex premier italiano. Segnaliamo alcune posizioni, destinate a moltiplicarsi nelle prossime ore, di commento su questo tema.
Mentana: "Condizioni assolutamente irripetibili"
Non fa nomi, Enrico Mentana, direttore del Tg di La7, quasi a respingere preventivamente qualsiasi autocandidatura. “Adesso la cosa più inutile – ha scritto su Fgacebook - è dire ‘facciamo come in Francia’. I nuovi adepti di Macron fino a sei mesi fa non avrebbero scommesso un euro su di lui. La sua vittoria suggella una gara a eliminazione in cui i socialisti, già quasi spacciati per l'eredità di Hollande si sono definitivamente suicidati scegliendo in candidato ridicolo, la destra moderata che aveva il candidato più forte lo ha visto cadere sotto i colpi di uno scandalo micidiale, e gli avversari superstiti erano due estremisti, di destra e di sinistra. Condizioni eccezionali e assolutamente irripetibili”.Ricerca inutile, lo 'dice' lo stesso Macron
Di segno opposto il commento di Peppino Turani su Tiscali.it, certo che sia quello di Renzi l’unico nome accostabile, per profilo politico, al presidente francese: “E adesso, anche qui, si cerca un Macron. Ma è una ricerca inutile. Lo stesso Macron ha detto si essersi ispirato a Matteo Renzi, alla sua idea di una sinistra liberal-democratica. Prima delle elezioni francesi i due si sono scambiati calorosi messaggi. In Italia regna ancora molta confusione. L’unica cosa chiara, per ora, è che Renzi e il Pd puntano a avere il 40 per cento dei consensi, con relativo premio di maggioranza. Fino a ieri questa idea sembrava una follia. Oggi molto meno. Il Pd è già tornato al 30 per cento e sta sopra i 5 stelle, che appaiono aver esaurito ormai la loro spinta propulsiva, giocano in difesa, cioè da perdenti”.
Il 'gemello francese'
Di gemello francesce di Renzi, parlando di Emmanuelle Macron, è Andrea Colombo sul ‘manifesto’: "Le somiglianze tra i due sono palesi. Uno ha abbandonato un partito ancora venato di fantasie socialdemocratiche per fondarne uno nuovo e depurato da quella tara. L’altro ha preso un partito allo sbando ma con ancora qualche vaga reminiscenza socialisteggiante e lo ha trasformato in qualcosa di molto simile all’En Marche! Di Macron. Entrambi puntano al partito “né di destra né di sinistra”, cosa diversa da una forma di tardo blairismo al quale in realtà nessuno dei due aspira, dando il meglio di sé in materia di diritti civili e il peggio quando si tratta di diritti sociali. Entrambi scommettono, non a torto, su una ricaduta positiva in casa propria del successo del gemello. Senza dubbio la vittoria di Macron rafforzerebbe (il pezzo è di qualche giorno fa) le posizioni di Renzi e lo spingerebbe ancor di più a cercare le elezioni a breve, indispensabili per mettere a frutto quelle primarie Pd che nella sua visione sono un po’ l’equivalente del primo turno in Francia”.
Profili troppo diversi
"Macron e Renzi sono due personaggi pop molto diversi tra loro", chiosava qualche giorno fa su Formiche.it la politologa Sofia Ventura. "Macron viene dalle carriere delle alte scuole e c’è grande scetticismo verso di lui perché viene visto come un prodotto in vitro buono per affascinare l’opinione pubblica. In Italia quando si pensa a Macron si fa subito il paragone con Renzi per la loro comune idea di sinistra riformista ma Macron ha un programma vago e dice di voler andare oltre la destra e la sinistra. Renzi è rimasto nel Pd mentre Macron si è costruito un partito personale un po’ come fece Berlusconi. Entrambi hanno un’idea di sinistra molto nuova ma con pochi contenuti e non hanno delle risposte vere per fermare i populisti".
Siamo tutti francesi
Aveva tentato una ricerca dell’uomo (o la donna giusta) per impersonare il giovane inquilino dell’Eliseo la giornalista dell’Espresso Denise Pardo, qualche giorno fa. “Siamo tutti francesi è la nuova linea dei politici italiani esultanti a destra a sinistra e al centro per come è andato oltralpe il primo turno delle elezioni per l’Eliseo. D’altra parte ce n’è per tutti i gusti, e dato il vizio italiano d’immediata identificazione, così è sempre stato da Blair a Obama, sia pur sintomo di provincialismo e debolezza come si è rammaricato il ministro Carlo Calenda, uno dei più indiziati però a macronizzarsi, è il caso di rallegrarsi che qualcuno non si sia sentito finora anche un filino Kim Jong-un”.
In corsa anche Calenda e Letta
Aggiunge Pardo: “Carlo Calenda ha qualche quarto, non i quattro, di Macron visto il suo essere un senza partito oltre che ministro dello Sviluppo Economico (assai apprezzato) come è stato ministro di Hollande il vincitore del primo turno. Enrico Letta, ora professore di Science Po a Parigi, università macronista, seduto in molti cda da poteri forti, il tipo di legami rimproverati a Macron, ha dalla sua un rapporto personale con lui e uno scambio di zuccherosi tweet. Ça va sans dire, Matteo Renzi che sotto primarie Pd ha subito tweettato «marciamo avanti» abbracciando il nome del movimento del collega francese. Rispetto all’«amico Macron» Renzi si professa di sinistra, ma la sua maledizione è che ci credono in pochi e quando si favoleggia di un possibile PdR (partito di Renzi) o di un PdN (partito della Nazione) il sottinteso è che sia una sorta di “En Marche” né di sinistra né di destra”.